Cura pastorale
del matrimonio
Prot. N.832/VDl-Comunicazioni/19
Trieste, 4 novembre 2019
Reverendo Signor Parroco,
avvertendo la necessità di agevolare il Suo ministero nella cura pastorale dei matrimoni, con la presente intendo ribadire quanto disposto dalla normativa universale e particolare in merito agli adempimenti richiesti per una disciplinata celebrazione del sacramento del matrimonio, sotto il profilo canonico e morale.
Le fonti normative da osservare in materia sono, rispettivamente, il Decreto generale sul matrimonio canonico, promulgato dalla Conferenza Episcopale Italiana in data 05.11.1990 e la Nota pastorale Il sacramento del matrimonio: preparazione e celebrazione, pubblicata dal Vescovo di Trieste in data 06.08.2001.
Dopo opportuna valutazione delle questioni che presentano maggior criticità, mi premuro pertanto di richiamare all’ osservanza della disciplina in materia alcuni aspetti sia della fase preparatoria sia della fase celebrativa del matrimonio.

Preparazione al matrimonio
Luogo della celebrazione del matrimonio.
È doveroso ribadire che questo deve corrispondere alla chiesa parrocchiale di uno dei nubendi; solo per validi motivi di necessità o di convenienza pastorale, con il permesso del proprio Ordinario o del proprio Parroco, il matrimonio potrà essere celebrato in altre parrocchie (cf. can. 1115 CIC; DGMC, n. 23).
Si raccomanda pertanto di non permettere la celebrazione del matrimonio senza previa verifica delle motivazioni che spingono i nubendi – residenti in Diocesi o provenienti da altra Diocesi – alla scelta di una chiesa diversa da quella di loro provenienza. In tal senso, si reputano non sufficientemente validi motivi quali la preferenza per chiese con particolari richiami storici o artistici o rette da sacerdoti ai quali si è legati da amicizia o stima.
Istruttoria matrimoniale
Si ribadisce che ogni singola pratica deve essere diligentemente esaminata nei documenti di cui è corredata, al fine di verificarne la completezza e la veridicità, trasmettendo la quindi al successivo esame dell’Ufficio Matrimoni presso la Curia vescovile per il rilascio del contrahatur (in deroga a quanto precedentemente stabilito dalla sunnominata Nota pastorale diocesana dd. 06.08.2001 n. 15, che limitava la vidimazione alle pratiche destinate a parrocchie di altre Diocesi).
Con riferimento ai doveri del Parroco del luogo di celebrazione o che per delega istruisce la pratica matrimoniale di fedeli provenienti da Diocesi di altre Nazioni, si osserva che il ricorso ad un interprete consentito nel momento celebrativo (cf. can. 1106 CIC) potrebbe rivelarsi necessario fin dal primo contatto con i nubendi – tale contatto non può infatti essere mediato da un eventuale wedding planner (organizzatore di matrimoni) – e la relativa pratica matrimoniale.
Nel disbrigo della pratica, in ordine al conseguimento degli effetti civili del matrimonio canonico, si deve inoltre tenere conto della normativa concordataria vigente in Italia come anche, a seconda dei casi, della normativa civile in materia vigente nel Paese di provenienza dei nubendi, con particolare attenzione nel caso di nubendi stranieri alla verifica del Nulla osta al matrimonio (art. 116 Codice Civile) legalizzato e tradotto in lingua italiana o del Certificato di capacità matrimoniale (Convenzione di Monaco dd. 05.09.1980), rilasciati dalle Autorità competenti della Nazione di provenienza.
Con riferimento all’esame dei fidanzati, si ribadisce che il Parroco è tenuto a interrogare i fidanzati separatamente, verbalizzando le risposte di propria mano e non da parte dell’interrogato/a. Ove ne avverta l’opportunità, il Parroco può aggiungere al verbale sottoscritto dagli interessati qualche nota personale circa la sincerità e la libertà riscontrata nei fidanzati.
