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19° anniversario della morte di don Giussani e 42° del riconoscimento pontificio della Fraternità di CL


DIOCESI DI TRIESTE


19° anniversario della morte di don Giussani
e 42° del riconoscimento pontificio della Fraternità di CL


✠ Enrico Trevisi


Rettoria Nostra Signora della Provvidenza, 15 febbraio 2024



Nella lettera di papa Francesco a Davide Prosperi del 20 gennaio 2024 c’è una consegna rivolta a tutti. Il Papa raccomanda “a tutti gli aderenti di avere cura dell’unità tra voi: essa sola, infatti, nella sequela ai pastori della Chiesa potrà essere nel tempo custode della fecondità del carisma che lo Spirito Santo ha donato a don Giussani: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, cosi amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri»”.
Per cercare di aiutarvi a superare le interpretazioni personalistiche che talvolta rischiano di sottendere una visione unilaterale del carisma stesso – dice il Papa – ho provato a rileggere qualche testo di don Giussani che vi ripropongo. E assicuro il mio appoggio per ciascuno di voi perché anche a Trieste possa esserci questo cammino di fedeltà al carisma (che è dono di Dio per il bene dell’intera comunità, questo il significato biblico della parola) di don Giussani che è un beneficio non solo vostro ma per tutta la Chiesa e la città di Trieste.
Il Vangelo ci dice di un Gesù consapevole che sta andando in croce, consapevole che c’è un mistero di amore divino che lo porta all’abbassamento totale, allo svuotamento di sé, e che però diventa una vittoria: la risurrezione. Una vittoria che proietta in un’altra dimensione: la vita in Dio che il mondo non sa cogliere e non sa apprezzare, che lega il tempo e l’eternità, la storia e la pienezza che nella storia si dà a intravvedere solo nel particolare dell’umiltà credente. Ma questa Pasqua non può essere solo un mistero che riguarda Gesù: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?» (Lc 9,23-25). Questo ci dice oggi il Vangelo.
Noi siamo compromessi in questa comunione integrale con Cristo. Nello stupore di aver incontrato Dio che si è fatto uomo. Se ci facciamo sconti, se cerchiamo scorciatoie non siamo più fedeli al Vangelo. Don Giussani ci ha testimoniato una radicalità nel vivere il Vangelo e nel viverlo con stupore. Ora siamo chiamati a rinnovarci in questa adesione piena perché il Vangelo sia la luce della nostra vita, fermento di cultura, passione educativa.
Ci è richiesto di dare la vita, niente di meno. Dare la vita per l’Opera di un Altro.
Negli scritti di don Giussani ho trovato:
“L’essenza del nostro carisma è riassumibile in due cose:
- prima di tutto l’annuncio che Dio è diventato uomo (lo stupore e l’entusiasmo di questo);
- in secondo luogo l’affermazione che questo uomo è presente in un «segno» di concordia, di comunione, di unità di comunità, di unità di popolo.
Potremmo aggiungere una terza cosa fondamentale per descrivere definitivamente il nostro carisma: solo nel Dio fatto uomo, perciò solo nella Sua presenza e, quindi, solo attraverso - in qualche modo - la forma della Sua presenza, l’uomo può essere uomo e l’umanità può essere umana. È quindi dalla Sua presenza che scaturiscono con sicurezza moralità e passione per la salvezza dell’uomo («missione»)”.
(Tratto da: Luigi Giussani, L’avvenimento cristiano. Uomo Chiesa Mondo, BUR, 2003, pp. 65-70)
Appena prima don Giussani aveva affermato: “«Il sacrificio più grande è dare la vita per l’opera di un Altro». Questa frase è analogica con quella che ha detto Cristo: «Nessuno ama tanto i propri amici come chi dà la vita per i propri amici». Ma più profondamente ancora – come tutto il Vangelo di san Giovanni afferma – questa frase ricorda l’esperienza stessa di Cristo che dà la vita per l’opera del Padre”.
E tuttavia la fedeltà al carisma passa dalla responsabilità personale di ciascuno. Sempre don Giussani afferma:
“C’è una immedesimazione personale, una versione personale che ognuno dà del carisma cui è stato chiamato e a cui appartiene. Inevitabilmente questo carisma, quanto più uno ne diventa responsabile, tanto più passa attraverso il suo temperamento, attraverso quella vocazione irriducibile a qualsiasi altra che è la sua persona. La persona di ciascuno ha una sua concretezza, la concretezza della sua mentalità, del suo temperamento, delle circostanze in cui vive e soprattutto del movimento della sua libertà. Perciò ognuno, del carisma e della sua storia, può fare ciò che vuole: ridurlo, parzializzarlo, accentuarne aspetti a danno di altri (rendendolo mostruoso), piegarlo a un proprio gusto di vita o a un proprio tornaconto, abbandonarlo per negligenza, per caparbietà, per superficialità, abbandonarlo a un accento in cui la propria persona si trovi più a suo agio, trovi più gusto e faccia meno fatica. Il carisma, identificandosi con la responsabilità di ognuno, assume una flessione varia e approssimativa nella misura della generosità di ognuno. L’approssimazione è misurata dalla generosità, dove si fondano capacità, temperamento, gusto, eccetera. Il carisma si flette secondo la generosità di ognuno. Questa è la legge della generosità: dare tutta la propria vita per l’opera di un Altro”.
Il dare la vita di cui parla Gesù nel Vangelo assume la forma di un carisma da coltivare, da rilanciare continuamente nell’originalità della propria persona. È questo l’augurio che faccio a ciascuno. E l’augurio lo faccio ancora con la parola di Giussani: “Dare la vita per l’opera di un Altro implica sempre un nesso tra la parola «Altro» e qualcosa di storico, concreto, tangibile, sensibile, descrivibile, fotografabile, con nome e cognome. Senza questo si impone il nostro orgoglio, questo sì effimero, ma effimero nel senso peggiore del termine. Parlare di carisma senza storicità, non è dire un carisma cattolico”.