DIOCESI DI TRIESTE
Santa Messa Crismale
con la benedizione degli Oli sacri
✠ Enrico Trevisi
Cattedrale di San Giusto, 28 marzo 2024
Cari fratelli e sorelle,
Amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre
Ci stringiamo attorno a Gesù, fissiamo lo sguardo su di Lui. Lo guardiamo e lo ascoltiamo, con emozione. Ci raccoglie attorno a sé per un mistero di comunione che ci intimorisce, da quanto è luminoso e immeritato.
Non potete comprendere la mia gioia e la mia trepidazione nell’essere qui con voi e per voi. Cari presbiteri e diaconi vorrei abbracciarvi uno per uno. E abbracciare anche quelli che ora sono in cielo e ho solo potuto salutare per brevissimo tempo: e penso a don Beniamino Bosello FSCB (10.05.2023) e a don Michele Palfi (23.05.2023).
Un pensiero gioioso va a chi quest’anno festeggia importanti anniversari di Ordinazione. 10 anni di Messa: don Josef Haddad, don Andrea Paddeu, don Wladislaw Niemyski, don Karol Boltryk, don Francesco Pesce, padre Yene Yene Anaclet. Invece a festeggiare i 25 anni di Messa sono don Lorenzo Magarelli, don Francesco Faraci, don Ivan Browdy. I 50 anni di Ordinazione li raggiunge padre Giovanni Venturelli (salesiano), i 60 anni di Messa sono di don Vincenzo Mercante e i 70 anni di Messa di don Carlo Boschin. Accompagnamoli con la preghiera e anche con l’affetto fraterno che non può restare una retorica di circostanza ma l’impegno di una famiglia presbiterale: in questo turbinio di gioie e di timori, di speranze e di condivisioni vogliamo riprometterci di accompagnare quanti durante questo anno sono stati ordinati diaconi e presbiteri. Vi chiedo un gesto di gioiosa vicinanza. Un caro ricordo anche per quelli che non sono qui fisicamente perché malati o impegnati nel ministero in altre Chiese.
Fra poco rinnoveremo le nostre promesse sacerdotali.
Anzitutto ci viene chiesto di tornare alle origini, al giorno della nostra Ordinazione: “volete rinnovare le promesse a suo tempo fatte davanti al vostro vescovo e al popolo santo di Dio?”. Recuperiamo nella mente e nel cuore la gioia e la trepidazione di quel giorno. Ora siamo molto diversi, dopo 10, 20, 50, 60anni. Portiamo le cicatrici delle nostre inadempienze e dei nostri peccati ma siamo anche depositari della memoria grata per tutte le volte che il Signore ci ha soccorso, ci ha benedetti, ci ha fatto gustare la sua presenza magari dentro le piccole vicende del nostro ministero, l’umiltà e la preghiera di tanta gente che ci ha voluto bene in quanto ministri di Dio e della Chiesa. Con gli anni che passano… il rinnovo delle nostre promesse si fa più intenso, vorrei dire più maturo, meno ingenuo perché siamo più consapevoli di quanto ci impegniamo di nuovo davanti a Dio. L’emozione di quel giorno della nostra Ordinazione si trasformi nella determinazione di sostenerci reciprocamente perché sappiamo le sfide, conosciamo la nostra debolezza, abbiamo sperimentato l’infinito bisogno di Grazia.
Vi è poi una seconda promessa da rinnovare. Inizia così: “Volete unirvi e conformarvi intimamente al Signore Gesù”. Questo inizio – per noi più vecchi – diventa motivo per arrossire di vergogna. Siamo mancanti, e come davanti all’adultera avviene che a cominciare dai più anziani si depongono le pietre e le accuse, così anche noi dopo tanti anni di ministero ci riconosciamo ancora assetati di intimità con il Signore, affamati di comunione con Lui perché spesso ci sperimentiamo in difetto. Il divenire conformi a Gesù è ancora un desiderio che ci vede sofferenti, affamati e assetati di Lui. Avremmo voluto assomigliarti di più, o Gesù: e invece eccoci a invocare la tua benedizione e la tua misericordia. Solo nella fede nella tua Grazia ancora osiamo impegnarci a “rinunciare a noi stessi”, e a rinnovare “i sacri impegni che, spinti dall’amore di Cristo” abbiamo assunto con gioia verso la Chiesa. Confessiamo Signore la nostra ineludibile e costitutiva fragilità ma anche la tua inesauribile misericordia che nuovamente ci appassiona a ricominciare il nostro servizio nella comunione con te e tra di noi. Ancora ci impegniamo nel cammino di conformazione a te: ai tuoi pensieri, ai tuoi sentimenti, al tuo stile di pastore.
E poi ci è chiesto di nuovo di “essere fedeli dispensatori dei misteri di Dio per mezzo della santa Eucaristia e delle altre azioni liturgiche”. L’impegno a celebrare bene, con fede, con devozione, consapevoli che si tratta di un mistero di Dio che ci supera, non va disatteso. Celebriamo la gloria di Dio e la sua misericordia con il popolo di Dio e per il popolo di Dio. Non si tratta di una devozione privata, ma di un mistero ecclesiale che non ci deve vedere rinchiusi in meri gusti individuali. Siamo chiamati ad aiutare la nostra gente ad entrare nella comunione del Signore. Celebrazioni sciatte, affrettate, dove imponiamo i nostri individualismi rituali con forme non previste dal messale tradiscono l’incomprensione del nostro servizio ecclesiale. L’umiltà del camminare insieme come Chiesa è già parte di quell’ “adempiere fedelmente il ministero della parola di salvezza, sull’esempio di Cristo, capo e pastore”. Ci sarà chiesto di lasciarci “guidare non da interessi umani, ma dall’amore per i fratelli”. Ecco che il camminare nella stima reciproca, nella comunione del presbiterio, nella collaborazione all’edificare insieme la Chiesa diventano parte della parola di salvezza che siamo chiamati ad annunciare. L’autoreferenzialità non appartiene alla vita del prete. Lo ripeto, il celibato non è l’essere single, non è l’essere burberi individualisti solitari. La comunione presbiterale (con tutte le forme e le articolazioni che la fraternità comporta nella vita concreta di ciascuno e delle comunità) è parte dell’annuncio di salvezza: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35) dice Gesù agli Apostoli nel cenacolo e lo ripete a noi in questo cenacolo.
Non siamo chiamati ad essere eroi solitari. Il popolo di Dio è sollecitato a pregare per la fedeltà dei suoi preti. Anzi lo chiedo fermamente a tutto il popolo di Dio: pregate per i vostri preti, affidateli a Dio, sosteneteli nella prova, incoraggiateli nel ministero. E pregate anche per il vescovo. Mi viene da tremare. Pregate perché “tra voi io diventi ogni giorno di più immagine viva e autentica di Cristo sacerdote, buon pastore, maestro e servo di tutti”. Abbiate misericordia di me. Da un anno vescovo per voi e con voi: pregate – vi supplico – perché io sia fedele al compito che mi è stato affidato.
Tutto questo ha senso se il nostro legame con Dio è vivo. Il nostro legame con Dio, come ci ha rivelato e insegnato Gesù, è il fondamento di tutto. Per questo concludo e prego con sant'Agostino:
Signore, mio Dio, mia unica speranza, ascoltami benignamente e non permettere che desista dal cercarti per stanchezza, ma sempre cerchi il tuo volto con ardore.
Dammi tu la forza di cercarti, tu che ti sei fatto trovare e mi hai infuso la speranza di trovarti con una conoscenza sempre maggiore.
Davanti a te è la mia forza e la mia debolezza: conserva quella, guarisci questa.
Davanti a te è la mia scienza e la mia ignoranza; là dove mi hai aperto accoglimi quando entro e là dove mi hai chiuso aprimi quando busso.
Fa che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te. Accresci in me questi doni fino a quando tu mi abbia trasformato.
(De Trinitate, XV 28).