Convegno Caritas diocesana di Trieste
Spezzare il silenzio: partecipazione e sostegno ai più fragili
✠ Enrico Trevisi
Sala Tessitori, 22 novembre 2024
Il desiderio è quello di raccontare un impegno e una passione, quella per il prossimo, ma restare in ascolto della città e con il desiderio di camminare insieme, anche se differenti, anche se ciascuno con la propria identità.
Anticipo subito: si potrebbe fare di più e fare meglio. Qualcuno anche ce lo dice. E riconosco che è vero: si potrebbe fare di più e meglio. Ed è per questo che lancio l’appello, come lo scorso anno, a compromettersi. Faccio campagna acquisti per nuovi volontari!
Ho scritto nella lettera pastorale “Io sono con te”: la carità non è delegabile. Cioè ciascuno deve trovare il suo modo lieto per testimoniare l’amore di Cristo prendendosi a cuore i fratelli che sono nel bisogno.
Se la Carità non disseta, inaridiscono i cuori:
non è la Carità di Cristo ma volontarismo.
Lo Spirito rende lieta la testimonianza.
Questo è l’augurio che faccio a tutti noi: di vivere la carità come un’esigenza del cuore di chi ha incontrato l’amore di Cristo e non può non trasmetterlo in mille forme… tra cui anche il volontariato individuale (quello del buon vicinato, del farsi prossimo a chi occasionalmente è sulla propria strada) e del volontariato di comunità: ecco la Caritas parrocchiale, la Caritas diocesana, la San Vincenzo, e altre associazioni e movimenti.
Il card. Zuppi nella settimana sociale dei cattolici qui a Trieste ha affermato:
“La solidarietà è un motore invisibile ma indispensabile di tutta la vita collettiva. La sua mancanza indebolisce il tessuto sociale, ostacola la crescita economica, offende l’individuo e non ne sa valorizzare le capacità e, alla fine, svuota la democrazia. La solidarietà passa attraverso le comunità in cui l’uomo vive: le comunità ecclesiali e le tantissime realtà di libero e gratuito altruismo, la famiglia ma anche le comunità locali e regionali, la nazione, il continente, l’umanità intera”.
Il Papa nella sua omelia in Piazza dell'Unità d’Italia ha affermato:
“L’infinito di Dio si cela nella miseria umana, il Signore si agita e si rende presente, e si rende una presenza amica proprio nella carne ferita degli ultimi, dei dimenticati, degli scartati. Lì si manifesta il Signore. E noi, che talvolta ci scandalizziamo inutilmente di tante piccole cose, faremmo bene invece a chiederci: perché dinanzi al male che dilaga, alla vita che viene umiliata, alle problematiche del lavoro, alle sofferenze dei migranti, non ci scandalizziamo?
Perché restiamo apatici e indifferenti alle ingiustizie del mondo? Perché non prendiamo a cuore la situazione dei carcerati, che anche da questa città di Trieste si leva come un grido di angoscia? Perché non contempliamo le miserie, il dolore, lo scarto di tanta gente nella città? Abbiamo paura, abbiamo paura di trovare Cristo, lì” (Francesco, Omelia 7 luglio 2024).
Nella lettera pastorale io ho invece ho ribadito che tutti siamo chiamati a fare la nostra parte, certo anche tenendo conto dei carismi e dei limiti che ci appartengono, ma a anche tirando fuori coraggio e audacia:
“Il Papa ha esortato la Chiesa di Trieste. Anzi ha usato degli imperativi. Ed è evidente che nessuno può sottrarsi. La carità non è un optional per il discepolo di Cristo. Ciascuno è chiamato seriamente a mettersi in discussione per discernere a quale forma di testimonianza e di carità è chiamato. Talvolta attraverso carismi personali che uno si ritrova (il desiderio e la passione educativa; o di stare vicino ad un malato); altre volte sono le necessità di chi si trova sulla propria strada (quel vicino disabile e solo); altre ancora sono chiamate che in certe epoche sembrano interpellarci e fanno sorgere la domanda: cosa posso fare per sostenere il disagio di tante famiglie povere, la condizione estrema dei senza fissa dimora, l’emergenza dei migranti della rotta balcanica…?
Per chi ha lo sguardo di Cristo, per chi ha il cuore educato dalla compassione di Cristo è facile individuare dove fermarsi e aiutare, dove mettersi in gioco. Con uno stile di gratuità e di prossimità.
È evidente che serve formazione. E la Caritas diocesana è di supporto a tutti, singoli e comunità, per rilanciare la propria testimonianza anche in ambiti che talvolta ci spaventano e per i quali è bene anche organizzarci e aiutarci per meglio saper aiutare”.
È con questi pensieri, con cuore aperto che ci disponiamo ad ascoltare il racconto di alcune persone che si stanno impegnando. Ma a tutti i volontari Caritas e a tutti gli operatori Caritas il mio grazie vero, sentito, e la mia benedizione per quanto stanno facendo.
Qualcuno ci rimprovera perché si dovrebbe dire di più, fare di più, fare meglio. Sarà vero. E vigileremo per fare meglio. Ma a me stasera viene da ringraziare coloro che non giudicano, non commentano, non sentenziano ma generosamente si mettono in gioco, usano il loro tempo, aprono il loro cuore, sono sulle tracce di Cristo incontrando tanti poveri cristi che abitano in mezzo a noi. E su ciascuno di loro e su tutti i preziosi benefattori della Caritas invoco la Benedizione di Dio.
E la benedizione di Dio anche sui nuovi volontari che vorranno farsi avanti.