Catechesi d'Avvento
La formazione missionaria dei battezzati alla fede e alla vita
✠ Enrico Trevisi
San Francesco d'Assisi, 15 dicembre 2024
Cari fratelli e sorelle, amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre
Mi piace riportare le parole con cui inizia la terza parte dei Lineamenti del Sinodo:
“La formazione cristiana è generazione alla fede e rigenerazione della fede. Essa riguarda tutte le età e le condizioni di vita. Quando si riflette sui percorsi formativi, è importante ribadire che ci si riferisce a persone di tutte le età, non solo ai più piccoli. È essenziale quindi recuperare una tensione formativa che consideri la persona nelle sue diverse dimensioni e nelle diverse età della vita. L’annuncio del Vangelo, la compagnia o affiancamento nella fede riguardano ogni persona, senza distinzioni” (n. 26).
Mi pare che qui ci sia già l’essenziale. Sempre, in ogni età e stagione della vita siamo chiamati al rigenerare la nostra fede e dunque a una seria formazione.
La trattazione tocca questi sei paragrafi:
- L’iniziazione cristiana
- Il modello catecumenale
- Le esperienze nei contesti di vita
- L’accompagnamento spirituale
- La formazione al ministero presbiterale e la formazione unitaria
- I due poli della verità e della carità
Scelgo qualche spunto, consapevoli che anche nella nostra diocesi dovremo prendere queste sollecitazioni e vedere come tradurle in scelte condivise.
Riguardo all’iniziazione cristiana l’affermazione è chiara e ci coinvolge: “Si fa strada dovunque la sensazione che la forma che quei sacramenti hanno dato all’iniziazione cristiana non sia più veramente capace di generare cristiani. Si ha l’impressione che questa forma sia resa inefficace dal mutamento generale delle comunità, nelle quali non si diventa più cristiani attraverso un cammino dell’infanzia” (n.27).
Si chiede di passare da una proposta prettamente dottrinale a una proposta integrale. Come in Atti 2,42, occorre dare rilevo a quattro grandi dimensioni: l'ascolto dell’insegnamento degli Apostoli, l'unione fraterna, la frazione del pane, le preghiere. Potremmo tradurre: l'ascolto comunitario della Parola di Dio; il prendersi cura gli uni degli altri in una dimensione comunitaria e fraterna; l’Eucaristia e il vissuto sacramentale e poi la preghiera, come un essere introdotti nel rapporto personale con Dio.
La comunità deve essere un’esperienza generativa, in cui si sperimenta l’essere accolti e accompagnati nella fede. E in tutte le fasi della vita.
Si afferma che il modello catecumenale è il paradigma della formazione in generale: in esso si fondano insieme ascolto della parola, vita fraterna e di comunità, liturgia e sacramenti, preghiera e dunque comunione personale con Dio. Si esemplifica in riferimento ai fidanzati, ai genitori, alle coppie “ferite” e “incomplete”. Si fa riferimento a tutte le persone che vivono particolari condizioni di “vulnerabilità”.
C’è un’annotazione che mi ha colpito: le esperienze nei contesti della vita. E si esemplifica il “Vangelo nelle case” cioè l’esperienza del radunarsi attorno alle Scritture nel contesto familiare. Ricordo qualche settimana fa un parroco che mi ha presentato un giovane che in casa sua raduna qualche suo amico (non praticante) per mettersi insieme a leggere la Scrittura e dire quello che essa significa per Lui, le speranze e le inquietudini che si agitano nel cuore. È il segno che si può fare, anche a Trieste: dipende dalle nostre relazioni e convinzioni… Siamo chiamati a sperimentare forme diverse per alimentare la nostra fede; e anche incoraggiare le famiglie divenire protagoniste nel vivere la fede e trasmettere la fede in forme diverse. Ricordo che mi aveva colpito molto il racconto di un papà che tutte le sere leggeva un piccolo brano della Bibbia dei bambini e lui si censurava e non faceva commenti (prediche) ma lasciava che fossero i bambini a fare le sottolineature, aiutandoli a creare connessioni tra la Scrittura e la loro vita. Qualcuno potrà dire: ma non tutti i papà ne sono in grado. Si può ribattere: cominciamo con chi è in grado, incoraggiando i giovani papà a mettersi in gioco anche nell’accompagnare i figli dentro l’incontro personale con Dio.
Di questa fantasia generativa abbiamo bisogno. Non per la smania di cambiare ma con la consapevolezza che la fede chiede di metterci in gioco nella trasmissione della fede, Mi viene in mente quanto papa Francesco ha scritto nell’ultima enciclica: “La proposta cristiana è attraente quando può essere vissuta e manifestata integralmente: non come semplice rifugio in sentimenti religiosi o in riti sfarzosi. Che culto sarebbe per Cristo se ci accontentassimo di un rapporto individuale senza interesse per aiutare gli altri a soffrire meno e a vivere meglio? Potrà forse piacere al Cuore che ha tanto amato se rimaniamo in un’esperienza religiosa intima, senza conseguenze fraterne e sociali?” (Dilexit nos 205).
Mi piace indugiare su queste citazioni di papa Francesco, che ci smuovono in questa direzione missionaria:
“Parlare di Cristo, con la testimonianza o la parola, in modo tale che gli altri non debbano fare un grande sforzo per amarlo, questo è il desiderio più grande di un missionario dell’anima… Con il massimo rispetto per la libertà e la dignità dell’altro, l’innamorato semplicemente spera che gli sia permesso di raccontare questa amicizia che riempie la sua vita” (ivi, 210).
I Lineamenti del Sinodo spingono a dare spazio all’accompagnamento spirituale: si chiede di dare tempo all’ascolto delle persone e al loro accompagnamento. Si tratta di una comunità in cui prevale il primato delle relazioni sull’organizzazione e, per fare delle nostre comunità una famiglia accogliente e meno burocratica.
Il carisma dell’accompagnamento spirituale non è esclusivo dei ministri ordinati, anche se in questo essi devono esercitarsi. Si tratta di dare spazio alla dimensione personale anche all’interno della Chiesa e perché ciascuno sia aiutato a coltivare personalmente il suo rapporto con Dio, la formazione della propria coscienza, la maturazione della propria vita spirituale.
In una formazione integrale occorre dare spazio anche alla formazione della coscienza e della vita spirituale. Talvolta mi trovo ad essere addolorato nel constatare quanto impegno di formazione c’è nell’ambito intellettuale (pensiamo agli iter scolastici sempre più lunghi) e nell’ambito fisico-atletico (pensiamo al valore dato allo sport fin da bambini e ragazzi…) e quanta poca attenzione hanno i genitori e anche la comunità cristiana nel prendersi cura della formazione spirituale, della formazione della propria coscienza, là dove Dio parla a ciascuno, là dove risuonano le domande i senso, le in certezze e le speranza che accompagnano le persone in ogni stagione della vita.
Io ritengo che La formazione missionaria dei battezzati alla fede e alla vita necessariamente passa per una formazione integrale, che ci chiede anche di personalizzare l’ascolto della persona e aiutarla, incoraggiarla all’incontro personale con il Signore evitando che la liturgia resti un rito ammuffito, che l’ascolto della Scrittura risulti un mero esercizio letterario e intellettuale, che la comunità sia un ambiente burocratico e la preghiera un mero compito del recitare le formule della preghiera.
Tutti siamo chiamati a metterci in gioco e ad aiutarci fraternamente, e a rendere ragione ai ragazzi e ai giovani del perché per noi il Signore, Lui personalmente, ci affascina e rende la nostra vita una benedizione che ci spinge gli uni verso gli altri. Con la stessa premura di Cristo.
“In qualche modo devi essere missionario, missionaria, come lo furono gli apostoli di Gesù e i primi discepoli, che andarono ad annunciare l’amore di Dio, andarono a raccontare che Cristo è vivo e vale la pena di conoscerlo. Santa Teresa di Gesù Bambino lo viveva come elemento imprescindibile della sua offerta all’Amore misericordioso: «Volevo dar da bere al mio Amato e io stessa mi sentivo divorata dalla sete delle anime». Questa è anche la tua missione. Ognuno la compie a modo suo, e tu vedrai come potrai essere missionario, missionaria. Gesù lo merita. Se ne avrai il coraggio, Lui ti illuminerà. Ti accompagnerà e ti rafforzerà, e vivrai un’esperienza preziosa che ti farà molto bene. Non importa se riuscirai a vedere dei risultati, questo lascialo al Signore che lavora nel segreto dei cuori, ma non smettere di vivere la gioia di cercare di comunicare l’amore di Cristo agli altri” (Dilexit nos 216).