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È un Giubileo: esso sarà per voi santo


DIOCESI DI TRIESTE


XXXVI Giornata per l’approfondimento
e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei


✠ Enrico Trevisi


Auditorium del seminario vescovile, 16 gennaio 2025



Siamo qui, dentro una storia di dolori e di incomprensioni, una storia che speravamo passata e che invece ci sta affliggendo. Ma non vogliamo che fomenti nuove divisioni.

Siamo qui per esprimere la nostra più radicale condanna di ogni violenza e guerra. Di tutte le guerre, anche quelle che insanguinano l’Etiopia e lo Yemen, il Sudan e il Sud Sudan, il Congo e naturalmente l’Ucraina e la Russia e dunque non solo Israele e Gaza, il Libano e la Siria.

Siamo qui perché siamo contro ogni antisemitismo e antigiudaismo. Li condanniamo fermamente e difendiamo il diritto di Israele di esserci, e di esserci nella pace. Siamo qui con l’orrore per quanto è successo il 7 ottobre 2023: un pogrom e condanniamo Hamas senza se e senza ma. Di questo ogni volta qui a Trieste siamo stati chiari.

Siamo qui perché non smettiamo mai di voler esprimere la sofferenza per gli ostaggi ancora usati come un ricatto, per la crudeltà a cui sono stati sottoposti – lo sappiamo da quelli che sono stati liberati – e lo sono coloro che ancora non sono stati liberati. Esprimiamo sdegno per questa crudeltà come anche per l’usare i civili palestinesi come scudo per operazioni terroristiche. Ci fanno orrore le dichiarazioni di coloro che vogliono la distruzione di Israele.

Siamo qui perché gli ebrei e i cristiani sono fratelli. Che talvolta faticano a comprendersi e a stimarsi. Ma comunque restano fratelli che devono cercare il dialogo.

Fratelli non si sceglie di esserlo. Lo si è per disposizione divina. A noi scegliere come vivere da fratelli: se secondo il piano di Dio o se secondo i nostri pregiudizi, le nostre chiusure, le nostre paure. Non rimane che rimettersi in ascolto di Dio... ma anche in ascolto reciproco con lo sforzo di capire l’altro: le sue paure, la sua sofferenza, la sua speranza.

Siamo qui per questo: per comprendere paure, sofferenze e speranze che sono nell’altro. Vogliamo farlo con empatia, e ci dispiace se talvolta questo non si è verificato.

Potremmo lanciarci in reciproche accuse per le parole o i fatti che gli Ebrei e i Cristiani sentono come calunnie, mistificazioni, semplificazioni. Ma è meglio il dialogo empatico, tra noi ma senza escludere altri che soffrono e che sono vittime di questa immane tragedia che è la guerra.

Ma qui siamo per parlare di Giubileo.

Per noi cattolici, pur rifacendoci ai testi della Prima Alleanza (anzitutto Levitico 25), il Giubileo ha assunto una prospettiva differente. Nel 1300 Bonifacio VIII ha istituito il Giubileo ruotando attorno alla pratica del pellegrinaggio e del perdono dei peccati. Clemente VI a partire dal 1350 stabilì di celebrarlo ogni 50 anni e Paolo II dal 1475 stabilì che fosse celebrato ogni 25 anni.

Tuttavia progressivamente si riscoprì che il Giubileo non poteva essere una semplice pratica spirituale e individuale e questo proprio per fedeltà al Giubileo di Levitico 25, ma anche in connessione al Vangelo di Luca 4,16-21 e in esso della citazione di Isaia 61,1-2.

Ecco che accanto alla dimensione spirituale del pellegrinaggio e del perdono dei peccati si sono affiancate la questione del lieto annuncio ai miseri, del fasciare le piaghe dei cuori spezzati, della libertà degli schiavi, della scarcerazione dei prigionieri. E poi le questioni che semplifichiamo dicendo di “giustizia sociale” ma che vorrebbero essere una rilettura attualizzata delle tematiche di Levitico 25: la remissione dei debiti (pensiamo alla questione del debito estero dei Paesi poveri, che è una sorta di neo-colonialismo); oppure all’accumulo sfrenato di proprietà e ricchezze nelle mani di pochi nei confronti dei tanti miseri. Nell’ambito cattolico si è elaborato tutto quell’insieme di riflessioni che a partire dalla Scrittura si confrontano con il mondo odierno fino ad elaborare la cosiddetta dottrina sociale della Chiesa.

Da qui il riferimento alla misericordia e alle opere di misericordia ma anche alla giustizia sociale. Per esempio a politiche di remissione del debito estero dei Paesi poveri e a politiche che rivedano il sistema carcerario che in Italia, come in tutto il mondo, viene vissuto ancora come una repressione disumana – che per esempio porta a innumerevoli suicidi, sia tra i carcerati che tra la polizia penitenziaria – che non fa che incattivire le persone e renderle ancora più pericolose per sé e per la società, con l’aumento di recidive rispetto alle pene alternative al carcere.

Se le ultime due encicliche sociali sono la Laudato si' e la Fratelli tutti ci rendiamo conto come il Giubileo oggi ci chiede di rinnovarci anche in queste dimensioni:

- La salvaguardia del creato, che troppo spesso abbiamo considerato come una proprietà da sfruttare: invece il Giubileo ci richiama che la Terra è di Dio e ce la affida perché ne rispondiamo a Lui, perché ci rimettiamo in ascolto del suo progetto.

- La fraternità come l’assunzione di responsabilità nei confronti di chi vive questa stessa terra, che è di Dio. Anche una fraternità tra i popoli: e dunque anche con i fratelli ebrei. Che sono fratelli e che continuiamo a considerare come fratelli a cui guardare con affetto e stima. Anche quando diciamo che non siamo d’accordo su come si stanno difendendo dal terrorismo di Hamas. Ma restano fratelli amati. Questi pensieri non sono derive ingenue. Non si tratta di scadere nell’irenismo. La fraternità tra i popoli è un compito divino, è una responsabilità per la quale saremo chiamati a verificarci davanti a Dio. La via è complessa, irta… e per questo non servono solo le strategie politiche ma anche l’apporto delle religioni e il dialogo sui valori portanti che precedono e fondano la politica (che non può essere un mero dispiegamento di forza e nemmeno la tirannia della maggioranza).


“Pellegrini di speranza” è il tema che papa Francesco ha dato a questo Giubileo. È bello trovarci tutti insieme, anche se diversi (come lo sono i fratelli, l’uno diverso dall’altro) a costruire vie di speranza, in ascolto di quella Parola di salvezza che siamo chiamati a leggere e rileggere. Per saperla ascoltare, cioè praticare. Insieme, le diverse chiese cristiane e anche gli Ebrei. Insieme e pellegrini di speranza, sapendo che ci è affidata una missione anche verso gli altri popoli, verso altri fratelli. Che il peregrinare in questo Giubileo ce li faccia vedere non più nemici ma fratelli.