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Pasqua di Risurrezione


DIOCESI DI TRIESTE


Pasqua di Risurrezione


✠ Enrico Trevisi


Cattedrale di San Giusto, 20 aprile 2025



Cari fratelli e sorelle,
Amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre


Papa Francesco nella Spes non confundit al n. 19 afferma:

in virtù della speranza nella quale siamo stati salvati, guardando al tempo che scorre, abbiamo la certezza che la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria. Viviamo dunque nell’attesa del suo ritorno e nella speranza di vivere per sempre in Lui (n. 19).

Il Gesù che abbiamo ucciso è vivo. Ha sconfitto la morte. È risorto. E questo ci consente uno sguardo diverso alla storia, anche in quest’epoca tragica. Ma ogni epoca porta in sé dinamiche tragiche: e questa terra per tutto il novecento ha subito il dramma di violenze fratricide. E ora il mondo è pieno di guerre: si parla di 56 guerre che sono attualmente in atto, anche se qualcuno ne conta circa un centinaio… Ma Dio non vuole la guerra e neanche la corsa agli armamenti! Dio vuole che noi diventiamo costruttori di pace, anche rischiando mediazioni e lunghi processi storici! Rischiando nel suo nome e con Lui.

In questo scenario noi celebriamo la Pasqua: la vittoria di Gesù, il Figlio di Dio, l’Abbandonato sulla Croce, che vince l’odio e per noi chiede il perdono. Lui è Risorto e consente a noi di risorgere subito in una vita nuova. Questo è il nostro battesimo: far morire la tentazione della vendetta, spegnere il risentimento, soffocare l’odio che acceca e che ci fa complici di altro male. Quanto odio, quante parole cattive circolano sui social di Trieste, per le piazze di Trieste, per le case di Trieste. E per il mondo. Anticamera di violenze e guerre. Cominciamo a smilitarizzare il nostro linguaggio!

Il tuo battesimo è possibilità di vita nuova: con l’aiuto dello Spirito Santo tu sei capace di vincere la logica del peccato (questa è la parola che dobbiamo tornare a dirci) per una vita di Vangelo. Che è fatta di una fede gioiosa, di una speranza abbondante, di una carità entusiasta con le quali contagiare chi incontri.

Se davvero cogli che Dio ti ama, vivrai della felicità che solo Lui sa darti. Non ti metterai a litigare con il vicino di casa o con tuo fratello, ma saprai cercare quella mediazione che con lo Spirito vivrai non per debolezza ma per carità. Come di un bene possibile che oggi si vive, in vista di altri passi verso la giustizia ma per i quali occorre attendere domani o il prossimo anno. Ma nel frattempo vivo la gioia del sapermi amato da Dio, del vivere una carità fraterna che supera anche le incomprensioni e i difetti di chi ci sta attorno.

La vita nuova che ci è data tramite il Risorto ci coinvolge in un’esperienza che contagia i fratelli. Come si può amare Cristo e non sentire il desiderio che altri lo incontrino? Non ci si può limitare ad un’esperienza religiosa intima che non sbocci in relazioni fraterne solidali.

L’amore di Cristo per me che mi è rivelato nella Pasqua (nella Croce e nella Risurrezione) mi chiede di diventare discepolo missionario… come fanno le donne che dal sepolcro corrono per diventare le prime evangelizzatrici, come fanno gli apostoli che non smettono nemmeno quando sono martirizzati. Non hanno capito tutto… ma partono, si mettono in gioco e poi continueranno l’avventura del cercare il Dio dell’Amore.

L’amore di Cristo ci chiede di diventare “missionari innamorati, che si lascino ancora conquistare da Cristo e che non possano fare a meno di trasmettere questo amore che ha cambiato la loro vita” (Dilexit nos 209).

Non possiamo attardarci in questioni secondarie. Non possiamo sprecare le occasioni della vita per vivere e trasmettere l’amore di Cristo. In ogni circostanza: quella che pensiamo e programmiamo e quella che ci accade come l’imprevisto che mi deve vedere pronto nella mia testimonianza. Si tratta di qualcosa di molto concreto, che ha a che fare con il tuo familiare intristito (e non te n’eri accorto), con il tuo vicino di casa che è un po’ diffidente, con il tuo collega di lavoro con cui entrare in relazione anche sulle cose vere della vita, con il povero che incontri e che ha le sue speranze, con l’ammalato o il disabile che ti chiedono qualche minuto di compagnia.

Ecco la speranza che ci accende: che la nostra vita sia tutta espressione dell’Amato, il Signore Gesù, che ci muove ad andare accanto agli altri, agli umiliati dalle malattie, dalle ingiustizie, dai loro stessi peccati per annunciare quell’amore che ci cambia la vita: il Cristo Crocifisso che ancora è vivo. Che anch’essi possano percepire la bellezza e la bontà dell’Amato, del Cristo (cfr. Dilexit nos 209).
Ti auguro questa Pasqua: dalla contemplazione dell’Amore di Dio che si rivela sulla Croce alla gioia dell’accorgerti che ti è dato di vivere questo Amore che cambia la vita. E con il desiderio di contagiare altri, perché vivevano alla luce di questo Amore che salva.