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Giovedì santo | Santa Messa Crismale

 
 

DIOCESI DI TRIESTE


Santa Messa Crismale


✠ Giampaolo Crepaldi


Cattedrale di San Giusto, 18 aprile 2019



Eccellenza, dragi sobratje v Duhovništvu, carissimi Sacerdoti, Diaconi, Religiosi e Religiose, fratelli e sorelle, bratje in sestre!

1.         Vogliamo ringraziare il Signore che ci offre la grazia di partecipare a questa Messa crismale che, tra le celebrazioni eucaristiche, è quella che più di ogni altra rende manifesto il mistero dell’unica e santa Chiesa: “la medesima assemblea di fedeli, un’unica Eucaristia, una stessa preghiera, un solo altare cui presiede il Vescovo col suo presbiterio e i ministri (cf. Sacrosanctum Concilium, 41). Ed è nella grazia immeritata del mistero dell’unica e santa Chiesa che in questo giorno, particolarmente dedicato a noi sacerdoti, che ricordiamo il nostro confratello Mons. Antonio Canziani che ci ha lasciato, mentre preghiamo perché sia con Cristo: in Lui ha sperato e creduto e Lui ha servito. Ricordiamo con affetto e preghiamo per i nostri confratelli ammalati, che stanno vivendo la passione del Signore nel loro corpo e nel loro animo: le loro sofferenze rendono prezioso il ministero di tutti noi. Ringraziamo poi il Signore per aver donato alla nostra Chiesa sei sacerdoti: don Ermenegildo Barbetti, don Ivica Čona, don Pietro Giassi, don Tomaž Kunaver, don Adrian Mates, don Manfredi Poillucci che, con entusiasmo e generosità, stanno muovendo i loro primi passi nel ministero presbiterale. Ricordiamo con amicizia i sacerdoti del nostro presbiterio che stanno esercitando il loro ministero in altri contesti ecclesiali: anche a loro promettiamo la nostra preghiera. Ci uniamo nella gioia ai confratelli che ricordano quest’anno la significativa ricorrenza della loro ordinazione presbiterale: per loro, come da tradizione, verrà riservata un’attenzione particolare durante le celebrazioni diocesane in programma per la Giornata Mondiale delle Vocazioni. In fine, un ricordo e una preghiera speciali per i carissimi diaconi che con noi sacerdoti condividono gioie e fatiche del ministero pastorale.

2.         Dragi sobratje v Duhovništvu, “Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato ad annunciare ai poveri il lieto messaggio” (Lc 4,18). L’unzione di Gesù di cui ci parla il brano del Vangelo di Luca che è stato proclamato, è la cornice teologica e spirituale più adeguata per cogliere il senso profondo della liturgia che stiamo celebrando, caratterizzata da una straordinaria abbondanza di olio: l’olio degli infermi, offerto a coloro che sono bisognosi di conforto, di fiducia, di sostegno, di guarigione interiore e corporea; l’olio dei catecumeni, offerto a chi cerca la forza divina necessaria a purificare il cuore e a orientare la propria esistenza verso la scelta coraggiosa di appartenere a Cristo; l’olio profumato del crisma, offerto a chi, reso ricco dal dono particolare dello Spirito Santo, decide di unire la sua esistenza alla missione del Signore Gesù. L’abbondanza di olio – che indica una responsabile consapevolezza della propria consacrazione in vista dell’evangelizzazione di chi ancora non conosce Cristo o di chi è malato nel corpo e nello spirito – delinea anche il perimetro entro cui deve quotidianamente dispiegarsi, con convinta e generosa disponibilità, il nostro ministero sacerdotale. Fuori da questo perimetro si rischia l’insignificanza o insidiose frustrazioni e derive. Tutto questo è mirabilmente sintetizzato nella preghiera del prefazio che sarà recitata tra poco: “Con l’unzione dello Spirito Santo hai costituito il Cristo tuo Figlio Pontefice della nuova ed eterna alleanza, e hai voluto che il suo unico sacerdozio fosse perpetuato nella Chiesa. Egli comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti e con affetto di predilezione sceglie alcuni tra i fratelli che mediante l’imposizione delle mani fa partecipi del suo ministero di salvezza”. Come sacerdoti siamo sottratti alla connessione del mondo e donati a Dio: proprio così, a partire da Dio, possiamo essere disponibili per gli altri con il ministero della salvezza.

3.         Carissimi Sacerdoti, la stupefacente visione del ministero presbiterale delineata dall’odierna liturgia crismale, sembra oggi contraddetta dal senso di smarrimento e di afflizione sorto in seguito alle numerosissime notizie su infedeltà sacerdotali giunte fino al punto di violare l’innocenza dei bambini e la dignità di adulti vulnerabili. A fronte di questi gravi crimini, Papa Francesco ha presieduto in Vaticano nel mese di febbraio l’incontro con i Presidenti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo con l’obiettivo di ribadire la ferma volontà della Chiesa “nel proseguire, con tutta la sua forza, sulla strada della purificazione. La Chiesa si interrogherà, avvalendosi anche degli esperti, su come proteggere i bambini; come evitare tali sciagure, come curare e reintegrare le vittime; come rafforzare la formazione nei seminari. Si cercherà di trasformare gli errori commessi in opportunità per sradicare tale piaga non solo dal corpo della Chiesa ma anche da quello della società” (Papa Francesco, Discorso alla Curia, dic. 2018). In questa ottica e facendo tesoro di quanto disposto dalla CEI, proprio oggi ho firmato il decreto che istituisce anche nella nostra Chiesa il Servizio diocesano per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, con la presenza di persone esperte e nell’intento soprattutto di promuovere formazione e informazione e di sviluppare anche nella nostra realtà diocesana e nei suoi operatori la cultura della tutela. Alla crisi che si è abbattuta sulla Chiesa, molti si stanno cimentando con proposte di soluzione più o meno credibili e serie. Tra questi si devono annoverare anche coloro decisi a mettere in discussione il celibato sacerdotale. A questi ultimi il presbiterio di Trieste risponderà tra poco riconfermando, con pronta e gioiosa disponibilità, gli impegni assunti nel giorno della propria ordinazione, consapevole che un prete cattolico è il sacramento di Cristo, la sua sacra icona, il prolungamento della sua persona e della sua missione salvifica.

4.         Dragi sobratje v Duhovništvu, resta comunque la domanda: c’è un modo per uscire da questa dolorosa situazione e riprendere la strada giusta? La risposta a questa domanda ce la offre il Giovedì santo, giornata che noi cristiani dedichiamo a fare memoria dell’istituzione non solo del sacramento del Sacerdozio, ma anche del sacramento dell’Eucaristia: due sacramenti caratterizzati da una stretta e mutua relazione. Purtroppo il Sacerdozio e l’Eucaristia che il Giovedì santo ci consegna reciprocamente intrecciati, hanno subito in questi anni – segnati da turbolenze teologiche, spirituali ed ecclesiologiche di ogni genere – un processo di progressivo e pericoloso allontanamento. La risposta alla domanda che ci siamo posti è quindi riscoprire l’Eucaristia, riportandola al centro di tutto e di tutti, soprattutto al centro della vita spirituale e ministeriale di noi preti. Le derive morali sono il frutto mortifero del venire meno della fede e della fede nell’Eucaristia. Il prete che si è allontanato dall’Eucaristia è un prete a rischio, perché non è il prete che fa l’Eucaristia, ma è l’Eucaristia che fa il prete. È lì ed da lì che viene generato il prete cattolico come sacramento di Cristo. Infatti, il pane ed il vino, presenti sull’altare, diventano realmente, veramente, sostanzialmente il Corpo ed il Sangue del Signore. L’Eucaristia è Cristo stesso che, attraverso il nostro ministero, consegna il suo proprio Corpo da mangiare ed il suo proprio Sangue da bere, per rendere partecipe il popolo di Dio di quell’avvenimento di salvezza definitivo che è la sua morte gloriosa. A questo riguardo, san Cirillo di Gerusalemme scrisse una pagina illuminante: “È con somma certezza di fede, quindi, che partecipiamo al Corpo e al Sangue di Cristo. Sotto le specie del pane ti è dato il suo corpo e sotto le specie del vino ti è dato il suo sangue, perché partecipando al corpo e al sangue di Cristo tu diventi un solo corpo e un solo sangue con Lui. Noi diventiamo portatori del Cristo. Mentre il suo corpo e il suo sangue si espandono per le nostre membra, diveniamo quel che dice S. Pietro, partecipi della natura divina” (Le catechesi, XXII, ed. Città Nuova, Roma 1993, pag. 456). Ecco, cari fratelli sacerdoti, la risposta ai tanti e preoccupati interrogativi del tempo presente: se intendiamo essere portatori di Cristo, con somma certezza di fede dobbiamo ritornare e ripartire dall’Eucaristia per salvare noi stessi e la Chiesa. Affidiamo tutto alla potente intercessione della Vergine Santissima, Madre di Cristo, sommo ed eterno Sacerdote, di san Giusto e del beato don Francesco Bonifacio, nostri celesti patroni.