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Veglia di Pentecoste

 
 

DIOCESI DI TRIESTE


VEGLIA DI PENTECOSTE


✠ Giampaolo Crepaldi


Sant’Antonio Taumaturgo, 7 giugno 2019



Carissimi fratelli e sorelle, predragi bratje in sestre!
1. Siamo riuniti per la Veglia di Pentecoste, animati dalla gioiosa e consolante consapevolezza di essere parte di un grande mistero di grazia: con la morte e risurrezione del Signore Gesù, infatti, la persona divina dello Spirito Santo dimora in ciascuno di noi. Quella che stiamo celebrando, vuole essere quindi una Veglia di ringraziamento per il dono incomparabile dello Spirito che dimora in noi e anima la nostra vita cristiana. Ireneo di Lione, un grande Padre della Chiesa, giunse ad affermare: «L’uomo perfetto è composto di tre elementi: il corpo, l’anima e lo Spirito Santo; quello che salva e dà forma è lo Spirito» (Adversus haereses V, 9,1-2). L’opera principale che lo Spirito Santo compie in ciascuno di noi è quella di renderci conformi a Cristo; di trasformarci in Cristo; di trasfigurarci in Cristo, l’Unigenito Figlio del Padre. In questo modo, lo Spirito Santo ci rende realmente partecipi della divina figliazione del Verbo. San Paolo scrisse: «E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”» (Rm 8,15). Lo Spirito riproduce in noi quanto è accaduto a e in Cristo: «E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11). Perché questa mirabile e miracolosa trasfigurazione della nostra umanità possa accadere, dobbiamo lasciarci guidare dello Spirito Santo. È ancora san Paolo che ce lo ricorda: «Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio» (Rm 8,14).

2. Carissimi fratelli e sorelle, predragi bratje in sestre, san Paolo, nei suoi illuminanti insegnamenti, ci istruisce anche su un punto che è bene tenere a memoria, visti i tempi che viviamo. Ci parla cioè di uno scontro duro, che si consuma nella storia quotidiana, personale e collettiva, tra due forze: da una parte la forza unificante, indicata con la parola Spirito; dall’altra, la forza disgregante, indicata con la parola carne, che l’Apostolo sintetizza con le parole vita e morte: «Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete» (Rm 8, 12-13). Ed è uno scontro che san Paolo documentò in modo molto chiaro. Scrisse: «Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge» (Gal 5,19-23). Inoltre, lo scontro tra la vita secondo lo Spirito e la vita secondo la carne ha anche una sua dimensione pubblica ed esteriore. In particolare al giorno d’oggi, questo scontro riguarda gli stessi fondamenti della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, la natura stessa della persona umana messa a soqquadro dalle teorie del gender, propagandate con forza e rivendicate con orgoglio e la vita umana che rischia di finire in balia di eutanasia e suicidio assistito. Tutte situazioni che sono figlie di quelle che, con efficacia espressiva, Papa Francesco descrive come colonizzazioni ideologiche.

3. Carissimi fratelli e sorelle, predragi bratje in sestre, in questa Veglia non facciamo memoria di un evento del passato, ma siamo qui riuniti soprattutto per pregare affinché l’evento della Pentecoste riaccada oggi in mezzo a noi, nella nostra Chiesa diocesana e nella nostra Trieste, dando voce all’invocazione: “Vieni Santo Spirito e riempi il cuore dei tuoi fedeli”. La presenza dello Spirito Santo nel nostro cuore ci consente di cogliere il senso profondo della nostra umanità e della nostra altissima dignità di figli del Padre celeste. È di questo che abbiamo bisogno per condurre una vita sana e santa. Con la Pentecoste va a terminare il tempo liturgico pasquale, mentre inizia il tempo ordinario: con il dono dello Spirito Santo siamo pertanto chiamati a vivere la nostra vita di ogni giorno come e in Cristo: nel lavoro, nel matrimonio, nella famiglia, nelle relazioni con gli altri, nella sofferenza, nell’amore per i poveri e nell’impegno per una società più giusta… Ci accompagnino in questo tempo ordinario le parole straordinarie di san Paolo: «Quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi» (Rm 8, 8-9).