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100 anni di Vita Nuova

 
 

DIOCESI DI TRIESTE

100 ANNI DI VITA NUOVA

Messaggio


Carissimi fratelli e sorelle in Cristo!
1. Il prossimo 10 di aprile Vita Nuova, il Settimanale cattolico della Diocesi di Trieste, compie 100 anni. Nello scorrere a ritroso le pagine stampate del nostro Settimanale vi troviamo riflesso l’impegno evangelico profuso dalla Chiesa tergestina per restare fedele a Dio e all’uomo – fedeltà non sempre facile e lineare –, attraverso un discernimento spirituale e pastorale che, in alcune stagioni, fu assai laborioso a causa delle sfide che si dovevano affrontare. Il Settimanale Vita Nuova, infatti, come strumento pastorale privilegiato e indispensabile, ha puntualmente registrato quelle stagioni storiche che hanno visto la Chiesa locale posta di fronte a sfide epocali. Nato subito dopo la prima guerra mondiale che decretò la fine dell’appartenenza di Trieste all’Impero austro-ungarico e il suo ingresso nel Regno d’Italia, il Settimanale si trovò a dover fare i conti con la stagione del fascismo con le sue intemperanze discriminatorie contro le minoranze slave che pur erano parte integrante del tessuto umano della Diocesi e della Città e con l’annuncio delle leggi razziali da parte di Mussolini proprio qui a Trieste che aveva una delle comunità ebraiche tra le più numerose e floride d’Italia. Poi arrivò, violenta e brutale, la seconda guerra mondiale con i suoi sconvolgenti orrori, testimoniati dai monumenti nazionali della Risiera di San Sabba e della Foiba di Basovizza. Poi il doloroso dopo-guerra con l’imponente esodo di italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia e con l’amarezza da parte della realtà ecclesiale e civile che si vide privata di una considerevole parte di territorio. Nel 1954 finalmente la pace, la libertà, la democrazia che misero Trieste sul binario giusto di un sviluppo solido e consistente. Fu quello anche un tempo speciale per la Chiesa tergestina che, attraverso il vigoroso ministero e magistero episcopale di Mons. Antonio Santin, ritrovò la forza di rimettersi in piedi dopo la bufera della seconda guerra mondiale, ritrovando un suo proprio profilo di efficace presenza pastorale in una realtà completamente inedita. Ne fu testimonianza eloquente la costruzione del Tempio mariano di Monte Grisa. Altra stagione significativa fu quella che, a partire dagli anni 60′, portò al confronto/scontro della Chiesa, anche tergestina, con la modernità e con i suoi pervasivi processi di secolarizzazione. Alla modernità la Chiesa rispose con i documenti del Concilio Vaticano II, che furono convintamente accolti anche la Chiesa di Trieste anche se con approcci pluralistici e, in alcuni casi, conflittuali. Memorabili i dibattiti sul valore della famiglia con la legge sul divorzio, sul valore della vita con la legge sull’aborto negli anni 70’ e 80’ in cui si iniziò a prospettare la sfida delle sfide per la Chiesa, quella antropologica da affrontare sul piano pastorale con una nuova evangelizzazione rivolta ad un’umanità occidentale che andava perdendo il significato umano del vivere in un cotesto culturale di libertarismo individualista che Papa Benedetto XVI descrisse poi come dittatura del relativismo e che cercò di contrastare con la proposta dei principi non negoziabili. Una sfida epocale, non meno facile e non meno impegnativa di quella che impegnò la Chiesa contro le ideologie del nazifascismo e del comunismo; una sfida epocale che vede una società ormai sostanzialmente figlia di un secolarismo imperante che ha tolto cittadinanza a Dio nella pubblica piazza. Dentro questa cornice storica non mancò mai la voce della Chiesa tergestina attraverso il suo Settimanale diocesano. Insieme alle grandi questioni, Vita Nuova è stata anche capace di raccontare la cronaca, semplice e quotidiana, del popolo cristiano registrando i mille avvenimenti – gioiosi e tristi, buoni e cattivi – che rendono fitta la rete di relazioni che le persone – bambini e anziani, giovani e famiglie, ricchi e poveri – intrecciano nelle nostre parrocchie, nelle associazioni laicali e di volontariato, a partire dai preti, dai religiosi e dalle religiose e da tanti uomini e donne di fede. È stata anche puntualmente registrata la cronaca della presenza della Chiesa in una Città di confine dove, dopo tanti sbagli, si è imparato una straordinaria lezione di vita: trattare le diversità non come fonte di scontro e di inimicizia, ma come singolari opportunità di crescita nell’amicizia e nella fraternità.

2. Cari fratelli e sorelle, i cento anni di Vita Nuova devono essere occasione per ringraziare il Signore per il bene profuso da questo strumento pastorale; per ringraziare i Vescovi che lo hanno incoraggiato e sostenuto – Mons. Bartolomasi, Mons. Fogar, Mons. Santin, Mons. Bellomi, Mons. Ravignani -; per ringraziare quanti lo hanno diretto e quanti vi hanno lavorato con intelligenza e passione. I cento anni di Vita Nuova sono anche l’occasione per interrogarci sul suo futuro, soprattutto se si prendono in seria considerazione i radicali cambiamenti intervenuti nell’ambito della comunicazione sociale odierna con l’introduzione massiccia delle nuove tecnologie informatiche e telematiche. Per fare questo necessario e ineludibile passo in avanti e per farlo in modo che non sia un passo falso, è bene farne uno indietro tornando a quanto i Padri conciliari del Vaticano II scrissero nel Decreto Inter Mirifica al n. 3 nel 1963: “La Chiesa cattolica, essendo stata fondata da Cristo Signore per portare la salvezza a tutti gli uomini, ed essendo perciò spinta dall’obbligo di diffondere il messaggio evangelico, ritiene suo dovere servirsi anche degli strumenti di comunicazione sociale per predicare l’annuncio di questa salvezza ed insegnare agli uomini il retto uso di questi strumenti. Compete pertanto alla Chiesa il diritto innato di usare e di possedere siffatti strumenti, nella misura in cui essi siano necessari o utili alla formazione cristiana e a ogni altra azione pastorale. Così pure è dovere dei sacri pastori istruire e guidare i fedeli perché essi, anche con l’aiuto di questi strumenti, perseguano la salvezza e perfezione propria e di tutta la famiglia umana. Peraltro è compito anzitutto dei laici animare di valori umani e cristiani tali strumenti, affinché rispondano pienamente alla grande attesa dell’umanità e ai disegni di Dio”. Questo corposo orientamento conciliare resta ancora validissimo come punto di partenza ineludibile per la Chiesa che intenda fare un passo ulteriore nel magma comunicativo attuale con strumenti adeguati e all’altezza: chiarezza negli obiettivi (“diffondere il messaggio evangelico”); uso degli strumenti in senso formativo (“necessari o utili alla formazione cristiana e a ogni altra azione pastorale”); impegno dei laici (“è compito anzitutto dei laici animare di valori umani e cristiani tali strumenti”). Su queste basi si può guardare con serena fiducia al futuro che, anche per le drammatiche contingenze che viviamo a causa del coronavirus che purtroppo ci hanno impedito una degna celebrazione del nostro Settimanale, sarà probabilmente carico di sfide inedite e per ora inimmaginabili, alle quali non potrà mancare, attraverso gli strumenti della comunicazione sociale, la voce della Chiesa, Madre e Maestra.
Colgo l’occasione per assicurare la mia preghiera e la mia benedizione.

✠ Giampaolo Crepaldi