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Non ci indurre in tentazione

 
 
È uscito in libreria in questi giorni l’ultimo libro di don Giovanni Boer, presbitero tergestino, che affronta un tema rilevante sul piano esegetico, teologico e pastorale riguardante la traduzione dal greco del Padre nostro, preghiera consegnataci da Gesù stesso. Il titolo del libro Non ci indurre in tentazione (Ed. Tau, pp. 274) ci porta subito al cuore della problematica che ruota intorno alla questione se le nostre tentazioni possono essere opera di Dio. Nella sua Lettera San Giacomo ci avverte che “Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno” (1,13).
Il libro è diviso in tre parti. La prima si occupa della frase “non ci indurre in tentazione”: l’autore fornisce elementi tecnici che permettono di comprendere che il testo originale vuol dire “non farci condurre dentro la tentazione”. La seconda si sofferma su alcuni argomenti connessi con la preghiera e le dinamiche della fede. In particolare, considera la preghiera e la vita di fede immerse nei condizionamenti delle culture umane, con tutti i limiti che queste comportano. In ogni caso è possibile la santità, purché la persona credente conservi un cuore onesto, sincero e puro. La terza parte approfondisce alcune tematiche affrontate nella prima.
Le conclusioni a cui giunge don Giovanni Boer sono puntuali e illuminanti: “Il Nuovo Testamento nel suo complesso e il ‘Padre Nostro’ nel dettaglio ci insegnano in maniera limpida e lineare che Dio non vuole il male, non lo pensa: lo sopporta – quando c’è – perché comunque esso non detiene l’ultima parola. L’ultima parola è sempre quella di Dio, ed è per questo che per l’uomo è sempre possibile la salvezza, la liberazione da satana e dal peccato. Basta che l’uomo lo voglia e preghi sinceramente per questo”.