DIOCESI DI TRIESTE
Santa Messa Crismale
✠ Giampaolo Crepaldi
Cattedrale di San Giusto, 14 aprile 2022
Dragi sobratje v Duhovništvu, carissimi Sacerdoti, Diaconi, Religiosi e Religiose, Seminaristi, fratelli e sorelle, bratje in sestre!
1. La solenne Liturgia che stiamo celebrando ci richiama il dies natalis del nostro sacerdozio, che vogliamo ricordare con lo sguardo implorante al Signore che ci offre la grazia di partecipare alla Santa Messa crismale. In questa circostanza affidiamo al Padre celeste i confratelli che ci hanno lasciato, dopo aver servito Gesù e la Chiesa: don Fabio Ritossa, don Giuseppe Colombo, don Ivan Miklavc della comunità salesiana slovena e padre Galdino Fornasiero dei Cappuccini, Cappellano della Stazione ferroviaria. Ricordiamo con affetto fraterno i nostri confratelli ammalati i quali, con le loro sofferenze vissute in unione al Crocifisso, continuano misteriosamente a rendere fecondo il loro ministero e quelli che stanno esercitando il loro ministero in altri contesti ecclesiali e continentali. Ci uniamo poi alla gioia dei confratelli che ricordano quest’anno la ricorrenza della loro ordinazione presbiterale: a loro verrà riservata un'attenzione particolare in occasione della celebrazione della Giornata Mondiale delle Vocazioni. Ringraziamo poi il Signore per aver donato alla nostra Chiesa tre sacerdoti: don Luis Miguel Miranda, don Daniele Scaramuzza e don Emanuele Trojano, che hanno iniziato il loro ministero presbiterale nelle parrocchie della Diocesi. A questi aggiungo i sei diaconi transeunti che, tra poco, saranno ordinati sacerdoti: don Simone Bigi, don Nicola Bissaldi, don Davide Lucchesi, don Gabriele Pagnossin, don Marek Adamski, don Giovanni Dolermo: li accompagniamo con la preghiera, pronti ad accogliere questi fratelli nel nostro presbiterio. Con gli stessi sentimenti ricordiamo anche i tre diaconi permanenti: Marco Eugenio Brusutti, Emmanuele Natoli e Pierino Valent Simonetti. Infine, un grazie e una preghiera speciali per i carissimi diaconi che con noi sacerdoti condividono gioie e fatiche pastorali. Tra loro è venuto a mancare Giorgio Tamplenizza, esemplare e amato da tutti: lo affidiamo all’abbraccio del Padre celeste.
2. Carissimi, predragi, per rinnovare la memoria della nostra ordinazione, soffermiamoci sul gesto antichissimo dell’imposizione delle mani. Tramite la mediazione sacramentale del Vescovo, con quel gesto il Signore Gesù ci ha fatto suoi, ci ha posto sotto la sua protezione, si è fidato di noi e si è affidato a noi. In fin dei conti ci ha affidato tutto, soprattutto se stesso, tanto che possiamo parlare con il suo Io, in persona Christi capitis. I segni essenziali della nostra Ordinazione sacerdotale furono tutti all’insegna di questo suo fidarsi e affidarsi a noi: la consegna del libro, con la quale ci ha affidato la sua Parola; la consegna del calice con il quale ci ha affidato il mistero sacramentale del suo corpo e del suo sangue; il potere di assolvere, affidando alle nostre mani la chiave per aprire la porta della casa del Padre a quelli caduti nella miseria del peccato e nell’oscurità del mondo. Tutto questo suo fidarsi e affidarsi trova una compiuta spiegazione in questa sua affermazione: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15, 15). In queste parole troviamo il significato profondo del nostro essere sacerdoti: diventare amici di Gesù Cristo, con un impegno quotidiano, coltivando con Lui una comunione di pensiero e di volontà (cf. Fil 2, 2-5). Come? In modo particolare con la preghiera. Gli evangelisti ci dicono che il Signore – per notti intere – si ritirava “sul monte” a pregare il Padre, da solo. Di questo “monte” abbiamo bisogno anche noi; anche noi dobbiamo scalare il monte della preghiera. Solo così si sviluppa l’amicizia; solo così possiamo svolgere il nostro servizio sacerdotale; solo così possiamo portare Cristo e il suo Vangelo agli uomini e alle donne della nostra Trieste. L’attività pastorale resta senza frutto e perde efficacia, se non nasce dall’intima amicizia con Cristo. Il tempo che impegniamo per questo è davvero tempo di attività pastorale. Come sacerdoti dobbiamo essere soprattutto uomini di preghiera: così impariamo a vivere, a soffrire e ad agire con Lui e per Lui.
3. Predragi, carissimi, in questa solenne e intima circostanza ringraziamo il Signore per averci fatto la grazia di accogliere in Diocesi, con generosa disponibilità, l’orientamento programmatico di Papa Francesco e della CEI di intraprendere il cammino sinodale, la cui prima fase si sta già concludendo. Questo cammino deve diventare, soprattutto per noi sacerdoti, un’occasione privilegiata per tenere viva la nostra amicizia con Lui. Questa amicizia con Gesù è poi, per antonomasia, sempre amicizia con il Cristo intero, cioè con la vite rigogliosa della Chiesa. Un cammino sinodale quindi, libero da stravaganti aspettative, come cammino di amicizia con Gesù e di amicizia nella Chiesa. Personalmente poi ringrazio il Signore per avermi aiutato, nonostante le tante difficoltà intervenute con la pandemia da Covid-19, a portare a termine la visita pastorale. Soprattutto a fronte delle tante e complicate sfide che avvertiamo nell’azione pastorale in una Trieste sempre più secolarizzata, quello che ci aspetta è un forte impegno missionario ed evangelizzatore, che dovrà essere svolto ponendo al centro Gesù, Figlio del Dio vivente: la fede in Lui è il mezzo grazie al quale sempre di nuovo afferriamo la sua mano e mediante il quale Egli prende le nostre mani e guida noi e la Chiesa sulle strade del presente e del futuro. Per ultimo vorrei ricordare a me e a voi l’impegno caritativo della nostra Diocesi verso le numerose povertà materiali presenti in maniera crescente nel territorio di Trieste a cui si stanno sommando le tragedie della cosiddetta rotta balcanica e dei rifugiati della vergognosa aggressione all’Ucraina. A questo proposito, guardiamoci le mani che il giorno della nostra ordinazione sono state unte con il Crisma, che è il segno dello Spirito Santo. Il Signore non vuole che siano strumenti di possesso per prendere le cose e le persone per noi, ma che siano strumenti che trasmettono il suo tocco divino, ponendosi a servizio del suo amore. Non vuole che siano strumenti dell'accaparrare, ma strumenti del servire e dell’amare. Carissimi, imploriamo infine l’intercessione dei nostri santi Patroni e affidiamo alla Madonna e al suo Cuore Immacolato le nostre esistenze, chiedendo di essere aiutati a sostenere ogni giorno la nostra risposta di fede all’amore di predilezione con cui Cristo ci ha scelti come suoi amici.