DIOCESI DI TRIESTE
ORDINAZIONE PRESBITERALE DI DON SIMONE BIGI
✠ Giampaolo Crepaldi
Cattedrale di San Giusto, 23 aprile 2022
Cari fratelli e sorelle in Cristo Signore!
1. La nostra Chiesa è in festa per l'ordinazione presbiterale di don Simone Bigi che, arrivato da Monza, qui a Trieste ha scoperto la sua vocazione, continuando poi il suo discernimento e la sua preparazione a Roma. Con l'ordinazione sacerdotale viene inserito stabilmente e definitivamente nel presbiterio tergestino. Alla gioia del tempo pasquale si somma quella di questa ordinazione, che diventa motivo per esprimere la nostra viva riconoscenza al Signore Gesù che continua ad arricchire la nostra Diocesi di nuovi presbiteri. Riconoscenza che va anche ai suoi familiari, in particolare a sua mamma, che hanno seguito e sostenuto don Simone nella scelta di abbandonare tutto per dedicarsi a Gesù e alla sua Chiesa. Un grazie doveroso lo devo anche ai sacerdoti e formatori che, qui in Diocesi e a Roma, lo hanno guidato nel suo cammino di discernimento e di maturazione. In questa occasione, tanto significativa e importante per don Simone, sono a invitavi a sostenerlo con la preghiera, in spirito di fervida lode al Padre che lo ha chiamato, al Figlio che lo ha attirato a sé, allo Spirito che lo ha formato. Davanti a questa assemblea radunata da Cristo stesso, don Simone ha appena pronunciato il suo Adsum – eccomi, sono pronto! In definitiva si è messo a disposizione di Colui che "è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro" (2Cor 5,15).
2. Caro don Simone, con l'ordinazione presbiterale tu agirai e parlerai in persona Christi. Al tuo io farai fare un bel passo indietro per fare posto all'Io di Cristo stesso. La Chiesa, con la sua materna saggezza, sottolinea questo radicale passaggio fornendoti un nuovo guardaroba, affinché sia evidente a te e a tutti che devi essere e agire in persona di un Altro. In primo luogo, ti dà l’amitto, che in passato - soprattutto nella tradizione monastica - veniva posto sulla testa come un cappuccio. Esso è lì a ricordarti che per celebrare degnamente sono necessarie la disciplina del pensiero e quella dei sensi, che vanno tenuti a freno e sempre rivolti verso il Signore. Poi ti dà il camice e la stola. Essi richiamano il vestito festivo, quello che il padre mise addosso al figlio prodigo quando tornò a casa, dopo una bella sbornia di peccati, sporco e puzzolente dell'odore dei porci. Non dimenticare mai che solo Cristo può donarti il vestito festivo, rendendoti degno di presiedere la sua mensa eucaristica e di stare al suo servizio: è perché il suo amore sovrasta tutti i peccati che puoi essere suo testimone. Infine ti dà la casula. Essa significa il giogo del Signore, che devi portare anche quando pesa, disponibile ad essere come Lui, mite e umile di cuore (Mt 11,29). In una sua omelia, san Gregorio Magno si soffermò a meditare la parabola del banchetto nuziale - nella versione dell'evangelista san Matteo - e si interrogò sull'ospite senza abito nuziale, buttato fuori nelle tenebre. San Gregorio si chiese: "Ma che specie di abito è quello che gli mancava?". Questa la sua risposta: "Il vestito dell’amore". Ecco, in definitiva, il guardaroba del prete: l'amitto, il camice, la stola e la casula che alla fine trovano il loro armonioso comporsi nelle fattezze del vestito dell'amore, dell'amore verso Dio e verso il prossimo.
3. Caro don Simone, la Chiesa di Trieste, nel misterioso dipanarsi delle sue potenzialità spirituali e sacramentali, sarà d’ora innanzi la tua famiglia, che ti riempirà con la grazia incommensurabile della sua unità, della sua santità, della sua cattolicità e della sua apostolicità. Ad essa, con devozione e gratitudine quotidiane, dedicherai la tua vita di prete. Arrivato tardi al sacerdozio, sono a chiederti di prestare un'attenzione speciale ai fedeli laici, chiamati dal Signore a una missione decisiva, quella di annunciare e testimoniare la salvezza cristiana nelle difficili frontiere del rapporto tra Chiesa e mondo, Vangelo e cultura, fede e storia; fatti carico anche dei fratelli e delle sorelle che sono provati dal dolore, dalla sofferenza e dalla sventura o che hanno perso la fiducia e la gioia di vivere, dicendo loro una parola di speranza e invitandoli a confidare in Dio e nel suo amore, perché l’amore è da Dio (1Gv 4,7). Inoltre, da bravo uomo di legge, spendi le tue energie affinché tutto concorra a costruire quell’ordo amoris nel quale il bene comune è realizzabile. Quale volto deve avere l’amore? Quale forma, quale statura, quali piedi, quali mani? Sono alcune domande che si poneva sant’Agostino. Ed egli rispondeva che nessuno, in verità, lo può dire. Tuttavia - aggiungeva – l’amore ha piedi, che lo conducono alla Chiesa. Ha mani, che donano ai poveri. Ha occhi, con i quali si viene a conoscere chi è nel bisogno. Ha orecchi, per poter intendere. E concludeva: queste varie membra non si trovano separate in luoghi diversi. Chi ha l’amore vede con la mente il tutto e allo stesso tempo (Cfr. In Epistolam Joannis ad Parthos tractatus 7, 10). Caro Don Simone ti affido alla Madonna, Mater amoris: con la sua intercessione, abiterai nell’amore e l’amore abiterà in te, resterai nell’amore e l’amore resterà in te.