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Santa Messa nella Cappella Madre della Riconciliazione


DIOCESI DI TRIESTE


SANTA MESSA NELLA CAPPELLA MADRE DELLA RICONCILIAZIONE


✠ Enrico Trevisi


Cappella Madre della Riconciliazione , 30 aprile 2023



Il Salmo 22 ci dice che il Signore è il pastore che ci guida per il giusto cammino. Con lui non ci manca niente. Stare con lui è un ristoro. E anche se devo percorrere valle oscure, non temo alcun male, “perché tu sei con me”: questa è la certezza della fede.
La IV domenica di Pasqua, Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, la domenica del buon Pastore ci porta a lasciarci radunare dal Signore, in una reciproca conoscenza: ci fa bene sentirci conosciuti e conosciuti per nome, ma anche conoscere la sua voce e dunque disporci in una relazione di fiducia, dietro di lui che ci guida. Ci porta fuori dal recinto, ci spinge ad uscire e a non pretendere sicurezze che ci isolano dagli altri, dalle paure, dalle incomprensioni, dai conflitti.
Siamo qui, in questa cappella della Madre della riconciliazione. Davanti all’immagine dell’Addolorata, non più rinchiusa nella cappella privata del Vescovo, ma ora dentro questo ciclo pittorico della riconciliazione vogliamo cogliere che se tutti abbiamo una vocazione che ci rende unici e originali nel nostro seguire e testimoniare il Signore, tutti siamo riconciliati con Lui e chiamati ad essere riconciliatori. Così come Maria è circondata dai nostri santi e tutti, come Lei, anche nei momenti di dolore e di conflitto siamo una missione di riconciliazione. Ognuno a nostro modo.
Il Papa nel messaggio per questa giornata delle vocazioni afferma:

«Anche tu hai bisogno di concepire la totalità della tua vita come una missione» (Gaudete et exsultate n. 23). Sì, perché ognuno di noi, nessuno escluso, può dire: «Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 273).
La missione comune a tutti noi cristiani è quella di testimoniare con gioia, in ogni situazione, con atteggiamenti e parole, ciò che sperimentiamo stando con Gesù e nella sua comunità che è la Chiesa. E si traduce in opere di misericordia materiale e spirituale, in uno stile di vita accogliente e mite, capace di vicinanza, compassione e tenerezza, controcorrente rispetto alla cultura dello scarto e dell’indifferenza. Farsi prossimo, come il buon samaritano (cfr Lc 10,25-37), permette di capire il “nocciolo” della vocazione cristiana: imitare Gesù Cristo che è venuto per servire e non per essere servito (cfr Mc 10,45).
Quest’azione missionaria non nasce semplicemente dalle nostre capacità, intenzioni o progetti, né dalla nostra volontà e neppure dal nostro sforzo di praticare le virtù, ma da una profonda esperienza con Gesù. Solo allora possiamo diventare testimoni di Qualcuno, di una Vita, e questo ci rende “apostoli”. Allora riconosciamo noi stessi «come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 273).

Dalla profonda esperienza con Gesù impariamo a vivere la nostra vocazione di persone riconciliate con Dio e artefici di riconciliazione. Ci troviamo immersi in un ciclo pittorico di riconciliazione. Cosa ci suggerisce? Che se ciascuno ha la sua propria vocazione, che specifica in modo originale la propria testimonianza, in ogni caso siamo sollecitati a declinarla anche nella riconciliazione.
Il battesimo di Gesù apre i cicli di riconciliazione: noi in Lui – come i primi uditori di Pietro nel giorno di Pentecoste – ci domandiamo: cosa dobbiamo fare? Come pentirci-convertirci di fronte al mistero della morte e risurrezione? La risposta è il battesimo: il lasciarci conformare alla vita di Cristo.
L’esempio è Maria e dunque l’annuncio di riconciliazione che qui è rappresentato. LA sua disponibilità ci riporta al disegno originario di Dio. Per ogni “quadro di riconciliazione” qui raffigurato avrebbe potuto esserci la sua controfigura: se l’annuncio dell’angelo a Maria è annuncio di riconciliazione tra Dio e l’umanità, la sua controfigura è il serpente che tenta Eva e Adamo e li induce alla divisione, al conflitto, alla menzogna.
Poi abbiamo il mistero dell’incarnazione che dice che Dio e l’uomo sono riconciliati. Il Verbo si è fatto carne.
E poi ancora la croce che è l’adempimento – il compimento della riconciliazione che Dio compie per amore. Vivere con il Risorto da risorti è il progetto di Dio. E il dono dello Spirito è la missione di riconciliazione che siamo chiamati a svolgere giorno per giorno. In qualsiasi situazione.
Ecco ancora le nostre specifiche vocazioni: se in una famiglia non si vive da riconciliati con Dio capaci di essere artefici di riconciliazione, se tra marito e moglie, genitori e figli, fratelli e sorelle non si vive il perdono, la pazienza, l’ascolto, il prendere iniziativa di autentica carità… insomma tutta la dinamica della riconciliazione… ecco che si vive nel conflitto che prima o poi diventa separazione o addirittura violenza. E così un prete nella comunità, un bambino nella sua classe, un consacrato nel suo convento…
Dunque anche nel nostro oggi. Dentro questa nostra storia siamo ancora bisognosa di uomini e donne riconciliati con Dio che diventano artefici di riconciliazione. Preghiamo perché ci siamo uomini e donne fedeli alla loro vocazione e perché i giovani sappiano con gioia accogliere la chiamata che Dio rivolge a ciascuno. Se anche sono in una valle oscura non temo alcun male. Perché tu sei con me!