DIOCESI DI TRIESTE
SANTA MESSA PER IL MONDO DEL LAVORO
✠ Enrico Trevisi
Parrocchia di Sant'Antonio Taumaturgo, 1° maggio 2023
Cari fratelli e sorelle,
Amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre
1. Perché celebrare il 1° maggio, festa dei lavoratori? Ci sono già state le manifestazioni in piazza questa mattina: non erano sufficienti? La risposta è semplice: la fede ci porta ad interessarci della vita concreta, delle persone, e il lavoro è una questione determinante, che non possiamo trascurare. Pensiamo alla rilevanza che il lavoro ha per un giovane: la fatica del discernimento di cosa fare, magari anni di formazione (scuola, stage, tirocini…). Pensiamo a quanto tempo una persona dedica al lavoro, e spesso le ore centrali della sua giornata, sottraendole ad altri interessi importanti, per es. la famiglia, la cultura, le amicizie… Pensiamo a come il lavoro spesso nelle nostre società è divenuto il fondamento di diritti (e qui certamente dovremmo domandarci se non stiamo esagerando nel far dipendere il riconoscimento dei diritti dal lavoro quando spesso le persone si trovano in situazioni difficili che non dipendono da loro: contesti geografici in cui manca il lavoro, mancanza di opportunità formative che li hanno accompagnati da quando erano bambini, problematiche legate a malattie e disabilità…). Mi viene da sintetizzare: come cristiani non possiamo NON interessarci del lavoro e dei lavoratori. È una necessità prenderci cura dei lavoratori e delle loro condizioni e diritti e doveri.
2. Il vangelo ci dice che Gesù è il figlio del falegname. Giuseppe e Gesù per tanti anni li pensiamo dentro una modesta bottega, un rustico laboratorio con pochi attrezzi e tanto sudore. È capitato a Gesù quello che spesso capita ancora oggi: una persona è identificata attraverso il lavoro suo e dei suoi genitori. E anche qui c’è un’ambivalenza: Il lavoro qualifica, identifica la persona ma non ne determina la dignità. Gesù è figlio del falegname, è un carpentiere… ma Gesù è il Figlio di Dio, è il Signore, il Messia, il Salvatore. Troppo spesso il lavoro qualifica la persona, ma spesso la rinchiude in un’etichetta, in una classificazione riduttiva che ci impedisce di accoglierla nella sua singolarità. Impariamo a guardare le persone per quelle che sono e a non fare del lavoro, come spesso è capitato e capita, un riduzionismo che classifica le persone e magare contrappone le classi. Ciò impedisce di capirsi, perché mette fin dall’inizio l’uno contro l’altro. E invece siamo sulla stessa barca, quella instabile di questo mondo e di questa economia burrascosa, che mai è stata dalla parte dei poveri lavoratori, che mai ha saputo armonizzare gli interessi di tutti. Non è un puntare il dito contro l’uno o l’altro ma è l’assunzione di una responsabilità che attiene ad ogni generazione, e dunque anche a noi.
3. La commissione diocesana “Caritas in veritate” per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e la salvaguardia del creato mi ha passato una scheda ricca di spunti: Elementi di geopolitica internazionale; Elementi di carattere nazionale; Criticità del territorio di Trieste (e anzitutto i lavoratori e le famiglie del polo produttivo della Wärtsilä, ma anche di altre aziende in difficoltà); punti di forza del territorio di Trieste.
Non me la sono sentita di promuovere un documento: sono qui da una settimana. Eppure con forza vorrei dire la vicinanza ai lavoratori e alle famiglie. Ripeto quello che la dottrina sociale della Chiesa sta sottolineando da tempo: occorre promuovere un lavoro degno. Perché sappiamo che ci sono buoni lavori e cattivi lavori. La differenza tra un lavoro buono/degno e uno cattivo/indegno ci costringe ad una vigilanza, ad una continua discussione, a una sinergia tra le diverse istanze imprenditoriali, sindacali, politiche e anche religiose e della società civile. La dottrina sociale della chiesa ha conosciuto diverse terminologie. Spesso si è parlato di giusto salario, di salario familiare, ecc. Oggi spesso si parla di “lavoro degno”. Tutti insieme a interrogarci: come può essere degno un lavoro che rinchiude i lavoratori nella povertà, perché gli stipendi sono troppo bassi per una vita dignitosa? Come può esser degno un lavoro se mancano le adeguate tutele per la salvaguardia della vita e della salute dei lavoratori (pensiamo a quanti infortuni sul lavoro)? Come può essere degno un lavoro se sistematicamente impedisce ad una famiglia di passare insieme un po’ di festa perché costringe sempre a lavorare tutte le feste? Se siamo onesti ci accorgiamo che ci sono delle buone prassi, cioè che c’è una responsabilità sociale dell’impresa che ha saputo precorrere anche le normative. Ma sappiamo anche che esistono ritardi che penalizzano i lavoratori e le famiglie, ponendoli sotto ricatto.
4. L’appello a unire le forze, pur nella distinzione delle responsabilità. Il mio pensiero va ancora a chi rischia di perder e il lavoro. A chi non ha un lavoro degno. A tutti i giovani sfruttati con contratti inadeguati. Sono stato a vedere dove è situata la Wärtsilä, ho voluto vedere con i miei occhi questo luogo di speranza e di fatica, che rischia di tramutarsi in un calvario in cui qualcuno è abbandonato e tradito. Come Gesù sul Golgota. A questa città dico di difendere i suoi figli. Dico che tutti dobbiamo sentire l’urgenza di promuovere un’economia che si faccia carico di non tradire e abbandonare i lavoratori. Qui serva la fantasia e la creatività di una società che, lo dico da vescovo, anche se non sempre ne è consapevole, si lascia ispirare dallo Spirito per proseguire una rigenerazione solidale e feconda. Quella rigenerazione solidale che ha il fondamento nel figlio del falegname. Gesù. Che non ci lascia tranquilli finché non si darà lavoro degno per tutti.
Papa Francesco qualche tempo fa (24-9-22) ha affermato, e concludo: “non dimenticatevi del lavoro, non dimenticatevi dei lavoratori. Il lavoro delle mani. Il lavoro è già la sfida del nostro tempo, e sarà ancora di più la sfida di domani. Senza lavoro degno e ben remunerato i giovani non diventano veramente adulti, le diseguaglianze aumentano. A volte si può sopravvivere senza lavoro, ma non si vive bene. Perciò, mentre create beni e servizi, non dimenticatevi di creare lavoro, buon lavoro e lavoro per tutti”.