DIOCESI DI TRIESTE
Solennità di Tutti i Santi
✠ Enrico Trevisi
Cattedrale di San Giusto, 1 novembre 2023
Cari fratelli e sorelle,
Amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre
La festa di Tutti i Santi ci porta a contemplare una moltitudine immensa di uomini e donne, di ogni razza, cultura, età, vocazione, e che vivono nella Gloria di Dio. Se però guardiamo al mondo che ci circonda restiamo smarriti.
Le statistiche dicono che in Italia abbiamo raggiunto il record: 6 milioni di poveri. Ma altro record negativo è il calo delle nascite. E poi frane e alluvioni che rimandano anche a tante responsabilità umane. E poi ancora disoccupazione giovanile sempre più allarmante. Per non parlare della diminuzione delle persone che frequentano regolarmente la Messa e partecipano attivamente alla comunità cristiana. E l’orrore per l’aggressività dilagante, la violenza, le guerre… Tutti indici che sembrano dirci il fallimento della vita cristiana. Dopo 2000 anni dalla venuta di Cristo il mondo sta molto male e il cristianesimo sembra aver esaurito la sua forza propulsiva.
E invece possiamo leggere le cose al contrario: vedete come va il mondo quando si abbandona Gesù e la sua Parola di vita. È proprio perché ci allontaniamo dal Vangelo, proprio perché non ci apriamo allo Spirito Santo ma siamo autoreferenziali, rinserrati nei nostri interessi, nel nostro egoismo divenuto l’idolo a cui tutto sacrificare, che il mondo va male.
Quale strategia intraprendere?
Celebrare la festa di Tutti i Santi significa ricordarci che ci sono persone del passato e di oggi che il Vangelo lo hanno vissuto in pieno. Ed erano belle persone. Uomini e donne di ogni età e di ogni condizione sociale, appartenenti alle vocazioni più diverse e provenienti dalle culture più disparate. Li chiamiamo SANTI. Perché differenti dalla mediocrità mondana che tante volte ci intristisce.
Il mondo ha bisogno di uomini e donne veri, concreti, capaci di coniugare il Vangelo con la vita e i suoi problemi. La varietà dei santi ci dice che ci sono tanti modi originalissimi per vivere il Vangelo. Ma la questione vera è proprio questa: che occorre vivere il Vangelo. Non si tratta di ridurlo a una teoria, a un sentimento, a un rito.
Delle tante cose che si potrebbero dire dei santi vorrei accennare a questa. Essi hanno saputo mettere Dio al primo posto, o meglio ci hanno provato davvero e per questo hanno suscitato ammirazione, hanno saputo coinvolgere altri che hanno cercato di seguire il loro esempio.
La domanda che ciascuno di noi deve farsi è questa: ma io, alle persone che ho attorno, so comunicare che per me davvero ciò che conta è il Vangelo? Riesco a testimoniare che per me il punto di riferimento di tutto è il Signore e il suo amore? Vivo l’amore del prossimo come espressione del mio amore per Dio? ( lo riduco a un comandamento gravoso che cerco di sviare appena possibile?).
Sei mamma, sei papà: i tuoi figli hanno capito che davvero la cosa più importante per la tua vita è il rapporto con il Signore che illumina e risana il rapporto di coppia, il rapporto con i figli, con il mondo?
Sei un anziano: i tuoi vicini, i tuoi nipoti, le tue amicizie hanno colto che il carburante per la tua vita è la preghiera perseverante, il tuo personalissimo rapporto con il Signore dal quale attingere serenità ed energia per affrontare ogni stagione della vita?
Sei un lavoratore, una lavoratrice: i tuoi colleghi hanno colto in te una persona affidabile, competente, che sa coniugare la qualità delle relazioni (con le persone, con le cose, con la famiglia) fino a suscitare il desiderio di capire da dove si riceve la forza e la gioia per starci dentro in una vita così luminosa?
Sei un giovane: i tuoi amici e compagni si accorgono che tu non sei perfetto ma che ci credi davvero perché in te c’è un desiderio di amore vero, di infinito, di gratuità e di attenzione verso gli altri che fa presagire che la fede è una risorsa che incuriosisce?
Ho fatto qualche esempio per dire: ma la mia fede è un accessorio, un optional che talvolta tiro fuori (magari stancamente) o è davvero la mia luce, la mia energia, l’espressione della mia amicizia vera con il Signore, la sua forza che mi riattiva di nuovo ogni giorno?
Per i Santi la fede non è semplicemente una dottrina, un sentimento, un rito ma l’esperienza vissuta di un’amicizia con il Signore.
Di questo il mondo ha bisogno: di persone che fanno della fede una esperienza concreta di vita bella e impegnata, un insieme di relazioni fraterne vissute nel concreto, ovunque si trovino.
Un ultimo pensiero ispirati alla seconda lettura (1Gv 3,1-3) dove abbiamo letto:
“noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”.
Celebrare la festa di Tutti i Santi significa dire che il PARADISO c’è, anche se fatichiamo a immaginare (a farci immagini) di come sarà. Noi crediamo che di là c’è una vita bella e piena e felice, e saremo simili al Signore, in comunione piena. E questo mi porta a impegnarmi ancora di più quaggiù, rischiando da subito l’amore, la pace, il perdono, la gratuità alla “maniera” di Gesù. Credere nel Paradiso mi porta a impegnarmi di più nella storia, senza tristi calcoli se gli altri lo fanno o meno. I Santi non si arrendono di fronte agli egoismi, alle persecuzioni, alle incomprensioni: loro procedono e vivono il Vangelo, come Gesù. Quanto è bella la loro umanità coraggiosa. Noi guardiamo a loro e intravediamo il volto del Signore Gesù e ritroviamo vigore per il nostro cammino oggi, nelle nostre responsabilità.
Questo è l’augurio: che la fede sia un’esperienza concreta e vissuta. Che in famiglia, a scuola e sul lavoro ci siano persone che nel concreto hanno il Vangelo nel cuore e lo si vede da come parlano, da come si interessano degli altri, da come generosamente si spendono.