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Ordinazione diaconale di Cristian Brunato e Pierluigi Peraro


DIOCESI DI TRIESTE


Ordinazione diaconale
di Cristian Brunato e Pierluigi Peraro


✠ Enrico Trevisi


Cattedrale di San Giusto, 16 dicembre 2023



Cari fratelli e sorelle,
Amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre

«Lo spirito del Signore Dio è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri» (Is 61,1).
Si rinnova questo prodigio e lo spirito del Signore Dio scende su Cristian e Pierluigi chiamati oggi al diaconato, al farsi discepoli nel servizio a Dio e ai fratelli.
C’è un lieto annuncio che i poveri si aspettano. Ci sono cuori spezzati che hanno piaghe che necessitano cure. Ci sono tante schiavitù e idolatrie, tante prigionie (l’ansia del potere, dell’avere, del successo, del piacere…) che portano a invocare la libertà inaudita dei figli di Dio.
Il compito è sublime, la chiamata è eccelsa, il ministero è arduo e impegnativo. Chi ne può essere all’altezza? È come quando davanti a noi si apre un orizzonte sconfinato: il mare aperto, la catena innevata delle nostre Alpi, il cielo stellato. E dall’altra parte la nostra piccolezza, la nostra precarietà, il nostro sentirci un po’ in ritardo, visto che l’età – inesorabile – avanza.
Se l’orgoglio e la presunzione sono la matrice di tanta violenza e di tanti soprusi, non meno pericolosa è una falsa umiltà (motivata dalla consapevolezza dei propri limiti e dei propri fallimenti) che spinge nella prigione della rassegnazione, dell’indecisione, dell’incapacità di rischiare e di mettersi in gioco.
L’anno di grazia del Signore che il profeta Isaia proclama è la consapevolezza che è giunto il tempo propizio, quello giusto, in cui scegliere, in cui decidere, in cui rischiare tutto. Tutto. Anche il nostro futuro. Il momento in cui consacrarsi al Signore e al suo Vangelo. Per sempre e nel modo in cui Lui ci indicherà nella Chiesa.
Il Battista è consapevole dei suoli limiti. Lui è semplicemente il precursore. Lui non è la Luce, ma il testimone della Luce (Gv 1,8). Lui non è la Parola, lui è semplicemente voce che grida (Gv 1,23). Ma poi giunge il Messia, il Salvatore. Lui è la Luce, Lui è la Parola, il Verbo che si è fatto carne. Ecco la nostra forza, la nostra libertà: la consapevolezza di essere al servizio del Signore, della sua Parola, del suo immenso amore. È la vera umiltà del restare discepoli, del restare in ascolto di un Dio vivo, del camminare insieme nella Chiesa e non come eroi solitari.
Certo che siamo inadeguati. La messe è molta, i cuori spezzati da curare sono innumerevoli, le schiavitù che incombono sono potenti. Ma noi siamo nell’anno di Grazia. Cioè siamo consapevoli che Dio è con noi, che questo è il tempo in cui Dio – come nell’umiltà della grotta di Betlemme – continua a farsi presente, vivo.
E ci chiede la libertà di accoglierlo, la gioia di essere suoi testimoni, il coraggio di farci servi della sua Parola liberante, testimoni della sua luce che vuole irradiarsi su tutti.
San Paolo, nella più antica lettera che dà inizio al Nuovo Testamento, offre indicazioni chiare che sono l’augurio che facciamo a Cristian e Pierluigi.
“Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie” (1Ts 5,16).
Siate sempre lieti. Non assecondiamo la tristezza del mondo. La letizia del Vangelo è quella che scopriamo in Cristo, nella sua tenerezza verso di noi, e che non ha nulla a che fare con gli eccessi goderecci del mondo iper-consumista con cui si evade dalla responsabilità verso i poveri, verso la tragedia del peccato che porta alle ingiustizie, alla violenza, alle guerre. È la letizia della condivisione (anzitutto della condivisione dell’Amore di Dio che porta alla condivisione concreta), e poi della fraternità (perché figli dello stesso Dio). Letizia della condivisione e letizia della fraternità che scaturiscono dalla letizia adorante di chi sta al cospetto del mistero di Dio, l’Eucaristia.
Pregate ininterrottamente. Che significa restare sempre in comunione con Dio. Guai se dividiamo il tempo: come se ci fosse un tempo che riserviamo a Dio nella preghiera e poi il resto ce lo gestiamo noi come vogliamo, escludendo Dio. Guai se dividiamo le attività: alcune come se fossero di Dio e le altre come se Lui non c’entra nulla.
In ogni cosa rendete grazie. Perché in ogni cosa ci sappiamo accompagnati da Dio. Amati da Lui. Cercati anche quando siamo distratti o affaticati o abbruttiti dal peccato. In ogni caso rendere grazie perché in ogni cosa chiamati a servirlo e amarlo: nella vita, nei fratelli, nei giorni che si susseguono. Quelli luminosi e quelli più scuri. Ma con la fede che sempre ci sappiamo da Lui abitati e da Lui amati e da Lui inviati per un servizio.
Tutto questo è per grazia. Tutto questo è perché nella grazia date il vostro consenso, ripetete il vostro “Eccomi”. Ecco il Sacramento e il Sacramento dell’Ordine del diaconato. Misterioso incontro tra noi e Dio. Suo accoglierci nella sua forza salvificante e rigenerante a favore dei fratelli, e nostra fiduciosa risposta. Sia Maria, la Madre del Redentore, Redemptoris Mater, a custodirvi lieti nell’incessante “Eccomi” a cui vi esponete ogni giorno nel vostro servizio di diaconi.