DIOCESI DI TRIESTE
Culto ecumenico cittadino
Amerai il Signore tuo Dio e il tuo prossimo come te stesso (Lc 10,27)
✠ Enrico Trevisi
Trieste, 20 gennaio 2024
Un maestro della Legge vuole tendere un tranello a Gesù, e poi finisce per parlare di amore. Ci sono parole di amore che sono un tranello, che sono tossiche, ma con Gesù possiamo percorrere vie nuove, che allargano menti e cuori, che sanno costruire la storia.
Nel nostro tempo l’amore spesso è un sentimento, e per di più un sentimento di possesso, fino alla prevaricazione, all’imposizione. Per la Scrittura l’amore è un comandamento, e tuttavia l’amore, prima che essere un comandamento che riassume tutta la Legge e i profeti, è un fatto, una storia, è Dio. Dio è Amore, Dio è una storia di amore (1Gv 4,7-16).
Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio Unigenito, Gesù, perché noi scoprissimo il suo volto: l’Amore.
Gesù è l’esegesi, la rivelazione del Padre (Gv 1,18): e nella croce si rivela come Amore che non risparmia nulla, che si dona tutto, che perdona l’impensabile. L’amore di Dio è eccessivo, perché si rivolge a me, a te, a questa ingrata umanità che ancora si intestardisce a vivere senza amore.
Nel 2022 in Italia il 13,4% dei minorenni vive in condizioni di povertà; in totale 5,6 milioni di persone (Rapporto Caritas). Povertà croniche, per cui chi nasce povero molto probabilmente lo resterà da adulto. Ma poi povertà educative, povertà di chi non conosce l’amore vero, l’amore di Dio e resta vittima dell’individualismo conflittuale, disperante, che isola, che demotiva alla vita.
Potremmo pensare che abbiamo fatto la nostra parte, che non tocca a noi, come il levita e il sacerdote della parabola. Potremmo con buoni ragionamenti dirci che noi amiamo Dio, preghiamo, abbiamo le nostre sante Liturgie e facciamo anche qualche buona elemosina. “Per caso”, annota il Vangelo, il sacerdote e il levita passano per la strada dove c’è l’uomo ferito. Se è un caso, verrebbe da pensare, non mi compete.
Ma la Parola è viva, provoca: dice che il prossimo mi lega in una relazione. Pensiamo alla raffica di verbi con i quali si descrive il Samaritano: “gli passò accanto, lo vide e ne ebbe compassione. Gli andò vicino, versò olio e vino sulle sue ferite e gliele fasciò. Poi lo caricò sul suo asino, lo portò a una locanda e fece tutto il possibile per aiutarlo. Il giorno dopo tirò fuori due monete d’argento…”. La Parola di Dio descrive l’amore come vita, come movimento, come azione. Non è un sentimento, non è un giro di parole, non è l’adempimento di una norma.
Siamo chiamati ad aiutarci a coniugare la Parola con la vita, l’amore evangelico con la carne sofferente delle persone. Tutte quelle che capitano sulla nostra strada. Non risolveremo tutti i problemi, non riusciremo a sanare tutti i feriti… ma neanche Gesù lo ha fatto. Però avremo amato i fratelli feriti, non saremo passati oltre, ci saremo fermati e avremo assaporato la prossimità, la vicinanza, la cura, la compassione, la misericordia che sono le tante sfaccettature dell’amore di Dio per me, per noi.
Potremmo esaurirci in una rincorsa e in un appiattimento sul sociale, e magari diventando arrabbiati verso chi non capisce e resta impietrito su una religiosità legalista e rituale. E così arrabbiarci anche con Dio. Staccarci da Dio che non vede la nostra bravura, il nostro essere buoni samaritani, e non punisce chi vive la religione in modo diverso.
E allora mi viene in mente che questa liturgia l’hanno preparata i cristiani del Burkina Faso, terra martoriata da guerre, terrorismo e integralismo islamico. Terra di cristiani perseguitati e di martiri. Torna in mente l’ultimo rapporto di Porte Aperte / Open Doors che denuncia come un cristiano su sette è vittima di abusi, arresti, torture, discriminazioni sul lavoro, addirittura morte. 365 milioni di perseguitati in un anno. Mai stati così tanti. 2.228 chiese e proprietà dei cristiani distrutte in India; 3.500 i cristiani rapiti in sole tre nazioni africane (Nigeria, Ciad e Congo); 2.622 le cristiane vittime di stupro e abusi sessuali a causa della propria fede; 16,2 milioni di cristiani trasformati in sfollati interni in 26 nazioni dell’Africa subsahariana a causa delle persecuzioni religiose. 4.125 cristiani arrestati a causa della loro fede, anche se poi condannati con pretesti di altro tipo. Si tratta di cristiani di diverse chiese… ma uniti nella testimonianza e nel martirio.
Ci sono milioni e milioni di cristiani delle diverse confessioni che vivono la loro fede, seguendo Cristo crocifisso e umiliato accettando persecuzioni e morte. Amano così tanto Dio da accettare persecuzione e morte! E io quanto amo Dio? Quanto amo i suoi figli, il mio prossimo?
L’amore di Dio e l’amore del prossimo ci è testimoniato in tanti modi nella carne viva di tanti cristiani. Ora sta a noi scegliere: il samaritano della parabola sa decidere, sa cambiare i propri progetti, paga di persona. E noi? Restiamo spettatori, mormoriamo indignati per come va il mondo, oppure pensierosi ci mettiamo ad amare sul serio, sia Dio che il prossimo?