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Mons. Renna: “qui per assumerci la responsabilità del presente”


Pubblichiamo il saluto di Mons. Luigi Renna, Presidente del Comitato Scientifico e Organizzatore, alla cerimonia di apertura della 50ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia.

Fratelli nell’Episcopato,
Illustri Autorità,
carissime e carissimi,
eccoci giunti alla cinquantesima Settimana Sociale, a percorrere anche noi un tratto di strada che viene da molto lontano. Non vogliamo perdere il senso della storia (cfr. Fratelli tutti, 13) ed è, per questo, che guardiamo con gratitudine a un popolo di credenti, uomini e donne, pastori, presbiteri, consacrati e fedeli laici che, grazie al loro convenire nelle Settimane Sociali, hanno vissuto l’esperienza di un pensare condiviso, illuminato dal Vangelo e dalla Dottrina sociale della Chiesa. Essi hanno saputo dare, con non poca fatica, delle risposte a Dio che interpella la Sua Chiesa nel tempo, insieme a tutti gli uomini e le donne di cui sono stati compagni di strada. Anche quando questa esperienza è stata interrotta, è sempre rinata, perché la comunità ecclesiale ha bisogno di confrontarsi e di ascoltare le sue varie anime, per poter fare un discernimento comunitario e testimoniare che il Vangelo non ci rende estranei alla storia, ma fa di noi il lievito e il sale. Sono piccole cose, ma il primo fa crescere tutta la pasta, il secondo dà sapore anche se sembra “perdersi”.

Cinquanta Settimane sociali sono state il “lievito” nella vita della Chiesa, della società e della politica italiane. Oggi siamo qui non solo per dire il nostro grazie al passato, bensì per assumerci la responsabilità del presente, in tutta la sua complessità. Ne è consapevole l’Episcopato, che attraverso l’Assemblea Generale, il Consiglio Episcopale Permanente, la Presidenza e la Segreteria Generale hanno tenuto a questa Settimana, hanno dato fiducia al Comitato scientifico che mi onoro di presiedere, e l’hanno considerata un momento qualificante del Cammino sinodale. Il Comitato ha voluto lavorare in continuità con il passato, ma con una grande apertura al presente e al futuro. La scelta del tema, a lungo meditata, pone al centro dell’attenzione delle nostre Chiese la partecipazione quale cuore della democrazia. So che questo argomento ha trovato grande accoglienza nel cuore di quanti credono che senza democrazia si sottrae spazio alla nostra umanità, alla dignità della persona, alla nostra stessa testimonianza di fede, che può essere assicurata solo da società e Paesi in cui c’è dialogo. Se la democrazia è in pericolo e c’è disaffezione alla partecipazione, si sottrae spazio anche ai valori che promanano dalla persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, intangibile nella sua dignità dal primo istante di vita fino alla sua morte naturale, nei suoi diritti, nel suo lavoro, nella cura della Casa comune che è il creato; si sottrae spazio pure alle procedure democratiche, che non sono mai indifferenti in rapporto al fine dello sviluppo umano integrale.

Vivere la Settimana Sociale e rimanere nell’unità della comunione ecclesiale significa non perdere di vista il bene integrale dell’uomo, quello a cui Papa Francesco ci richiama nella Fratelli tutti, con il termine agathosyne, quale frutto dello Spirito Santo (cfr. Gal 5,22). Esso è ricerca del bene, “procurare il bene che vale di più, il meglio per gli altri, la loro maturazione, la loro crescita in una vita sana, nell’esercizio dei valori e non solo del benessere materiale” (Fratelli tutti, 112).

Rinunceremo a essere uniti attorno a queste parole che riecheggiano quelle di Paolo VI che, nella Populorum progressio, parlava di umanesimo plenario, di sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini? Vorremo forse dimenticare che è la parabola del Buon samaritano quella che papa Francesco ci ripropone per una società che non sia di soci, ma di fratelli? Non faremo memoria delle parole di Paolo VI alla fine del Concilio: “L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso”? (Omelia per la 9ª Sessione del Concilio Vaticano II). Noi, figli e figlie del Concilio, vogliamo guardare così al tema della partecipazione alla democrazia, vogliamo sentirci uniti in ciò che è essenziale, il Vangelo e la Dottrina sociale della Chiesa, l’amore al Paese e all’umanità intera.

La Dottrina sociale ci guida nel discernimento: Benedetto XVI, nell’Enciclica Caritas in veritate, puntualizzava che non esistono due tipologie, una preconciliare e una postconciliare, diverse tra loro, ma c’è un unico insegnamento, coerente e nello stesso tempo sempre nuovo, e “coerenza non significa chiusura in un sistema, quanto piuttosto fedeltà dinamica a una luce ricevuta” (Caritas in veritate, 12).

Ci illumina l’Enciclica Fratelli tutti di Francesco, dandoci le chiavi di lettura per rileggere i pericoli del populismo e la necessità di recuperare la visione di una “identità comune fatta di legami sociali e culturali” (Fratelli tutti, 158). Sono i legami che emergeranno in questi giorni negli incontri delle plenarie, nei Villaggi delle Buone pratiche, nelle Piazze della democrazia, nelle Tavole rotonde. Forse questo dialogo sembrerà poca cosa, ma la democrazia non è forse in crisi perché ovunque nel mondo sono deboli il pensare, il confronto sereno, il discernimento, il “farsi popolo”? Il compito delle Settimane Sociali è favorirli e mantenerli alti. Ci sentiamo confortati da quanto papa Francesco ci dice sul dialogo e sull’amicizia sociale; come anche da quanto scrive un grande teologo, Romano Guardini, che nel 1962, in un suo discorso su pluralità e decisione, indica lo stile di Socrate in un periodo di crisi della democrazia ateniese. “Tutto ciò si operò in lui non a scuola o fra i libri – osserva Guardini –, ma per mezzo d’un ininterrotto dialogo con gli altri, in casa, nelle strade, nei ginnasi; con giovani e anziani, con semplici e con raffinati, guidato dalla volontà incrollabile di non consentire mai che penetrassero nel discorso soluzioni apparenti, idee superficiali o false”.

Grazie al Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, l’onorevole Massimiliano Fedriga, e alla sua Giunta; grazie al Sindaco di Trieste, il dottor Roberto Dipiazza, e alla sua Giunta: avete aperto le braccia alle Chiese che sono in Italia con un senso di accoglienza non comune; grazie a tutte le Autorità civili e militari. Grazie al fratello Vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, e a tutta la Chiesa che preside nella carità; grazie a chi ci ha accolto nel nostro primo incontro a Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi.

Trieste permette alle nostre Chiese di vivere nella verità una Settimana Sociale dei cattolici che sono in Italia, perché nella pluralità di lingue e culture ha imparato a parlare lo stesso lessico di democrazia. Lo Spirito Santo che anima il senso di fede su ciò che ci sta a cuore – e ci sta a cuore il bene comune dell’Italia, dell’Europa e la pace nel mondo – certamente ci sta già accompagnando.

Buona Settimana Sociale a tutti!