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Solennità di Maria SS. Madre di Dio, 58ª Giornata Mondiale della Pace


DIOCESI DI TRIESTE


Solennità di Maria SS. Madre di Dio
58ª Giornata Mondiale della Pace


✠ Enrico Trevisi


Beata Vergine del Soccorso, 31 dicembre 2024



Cari fratelli e sorelle, amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre

Papa Francesco inizia il Messaggio per questa Giornata Mondiale della Pace con queste parole:

All’alba di questo nuovo anno donatoci dal Padre celeste, tempo Giubilare dedicato alla speranza, rivolgo il mio più sincero augurio di pace ad ogni donna e uomo, in particolare a chi si sente prostrato dalla propria condizione esistenziale, condannato dai propri errori, schiacciato dal giudizio altrui e non riesce a scorgere più alcuna prospettiva per la propria vita. A tutti voi speranza e pace, perché questo è un Anno di Grazia, che proviene dal Cuore del Redentore!


Nell’antica tradizione giudaica il Giubileo si celebrava ogni cinquant’anni e annunciava un anno di clemenza e liberazione per tutto il popolo (Lev 25,10). In diversi ambiti di vita occorreva e occorre ristabilire la giustizia di Dio:

nell’uso della terra, nel possesso dei beni, nella relazione con il prossimo, soprattutto nei confronti dei più poveri e di chi era caduto in disgrazia. Il suono del corno ricordava a tutto il popolo, a chi era ricco e a chi si era impoverito, che nessuna persona viene al mondo per essere oppressa: siamo fratelli e sorelle, figli dello stesso Padre, nati per essere liberi secondo la volontà del Signore (cfr Lv 25,17.25.43.46.55).


Se guardiamo al mondo di oggi ci accorgiamo che molteplici sono le sfide sistemiche che si fomentano e si intrecciano: il papa cita le guerre e i finanziamenti alle armi, le povertà immani di tante persone e popoli, il trattamento disumano riservato alle persone migranti, il degrado ambientale, la colpevole creazione di disinformazione, il rigetto del dialogo…

Il Giubileo ci sollecita a diversi cambiamenti, a me piace parlare di conversioni. Riconoscendo che sempre siamo coinvolti in modi molteplici: come individui, come comunità cristiana, come comunità politica nelle sue diverse articolazioni.

Anzitutto c’è una conversione, un cambiamento culturale: I beni della terra sono destinati non ad alcuni privilegiati ma a tutti!

L’atteggiamento da coltivare è la gratitudine per quanto Dio ci dona, che suscita però l’immediata consapevolezza della responsabilità verso gli altri, e soprattutto verso i poveri. Il Papa commenta:

il sistema internazionale, se non è alimentato da logiche di solidarietà e di interdipendenza, genera ingiustizie, esacerbate dalla corruzione, che intrappolano i Paesi poveri. La logica dello sfruttamento del debitore descrive sinteticamente anche l’attuale “crisi del debito”, che affligge diversi Paesi, soprattutto del Sud del mondo.


Il Papa parla del debito estero dei Paesi poveri come di uno strumento di controllo e di sfruttamento, intrecciato con il tema del debito ecologico dei Paesi più poveri. Temi difficili… qui ci basta per richiamarci a non essere rassegnati di fronte alle immani povertà e strutture di peccato che sono presenti nel mondo.

Il Papa poi richiama tre azioni possibili che nascono dall’esperienza della misericordia di Dio, che è sempre illimitata. Dio è sempre pronto a sorprenderci con il suo perdono e con il suo condonarci tutto. Ma Gesù, dopo aver richiesto il perdono per i nostri peccati, ci insegna a pregare con un’affermazione moto esigente: “come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

1. Il Papa chiede una nuova architettura finanziaria internazionale. Il punto di partenza – riprendendo le parole di san Giovanni Paolo II – è una consistente riduzione del debito internazionale dei Paesi più Poveri.

2. Il Papa ci chiede di promuovere il rispetto della dignità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale. Occorre ridare speranza alla vita di ciascuno: solo così anche i giovani ritroveranno il desiderio di generare altre vite.

3. Il Papa rilancia un altro appello – questa volta citando Paolo VI e Benedetto XVI – “utilizziamo almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico”.


Tutti siamo chiamati a eliminare ciò che porta i giovani a pensare al proprio futuro privi di speranza. È un compito che ci deve vedere tutti fortemente impegnati, con fantasia. È un compito culturale ma anche chiede interventi strutturali e politici. Questa è la via della pace.

Che il 2025 sia un anno in cui cresca la pace! Quella pace vera e duratura, che non si ferma ai cavilli dei contratti o ai tavoli dei compromessi umani . Cerchiamo la pace vera, che viene donata da Dio a un cuore disarmato: un cuore che non si impunta a calcolare ciò che è mio e ciò che è tuo; un cuore che scioglie l’egoismo nella prontezza ad andare incontro agli altri; un cuore che non esita a riconoscersi debitore nei confronti di Dio e per questo è pronto a rimettere i debiti che opprimono il prossimo; un cuore che supera lo sconforto per il futuro con la speranza che ogni persona è una risorsa per questo mondo.


Auguro a tutti un cuore disarmato. Un cuore che illuminato dalla grazia possa scoprire la gioia di riaccendere la speranza – con piccoli e grandi gesti – anche nei fratelli oppressi dalle tante miserie che la storia umana ha provocato.
Buon anno Santo 2025.
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Introduzione del presidente diocesano di AC, Arturo Pucillo


Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la pace”.

Fin dal titolo, il messaggio che papa Francesco consegna a tutti noi cuce in un’unica opera la remissione dei debiti, architrave della struttura di perdono che ereditiamo dal Signore Gesù Cristo, e la pace, dono di verità e amore che si accompagna alla giustizia.
Perdono e pace, dunque: entrambi doni di quella speranza che “non delude” (Spes non confundit, 2024) e ci accompagnerà nel 2025 giubilare.
Guardando in grande e in piccolo, a che punto stanno perdono e pace nel mondo, in Europa, in Italia, nel nostro territorio e nella nostra città?
Siamo ancora, pienamente, dentro l’oscurità bellica che si estende come una chiazza di petrolio nel mare, intorno e dentro di noi, e impercettibilmente condiziona ogni giorno di più il nostro pensiero e la nostra prospettiva in un senso che non è di speranza.
Oggi, in questa chiesa che come ogni primo dell’anno si riempie di fedeli da ogni parte della Diocesi, scegliamo di soffermarci a riflettere sul compito che ciascuno di noi ha nel riorientare il più profondo sentire del nostro cuore e del nostro popolo verso le prospettive di speranza che la Chiesa del Giubileo ci ricorda.
Siamo qui, di fronte e intorno all’Eucarestia, a proclamarci figli della nostra terra, fratelli nel nostro tempo, impegnati nella ferialità delle nostre vite che vanno avanti nonostante crisi lavorative, sociali, belliche, in qualche caso impegnati nell’amministrazione della cosa pubblica e quindi chiamati con più responsabilità a ritessere le maglie un po’ infeltrite della nostra comunità.
Abbiamo tutti, popolo di Dio, religiosi, laici impegnati, ministri della Chiesa, amministratori locali, politici, un grande compito che accogliamo oggi all’inizio di questo 2025 pieno di incognite: dare corpo alla speranza che celebriamo, ricordando prima a noi stessi e poi a coloro che incontriamo sulla via la ragione della speranza che è in noi (1Pt 3,15). Lo dobbiamo per la pace e in virtù del perdono che scaturiscono da Gesù Cristo.