DIOCESI DI TRIESTE
Conferimento del diaconato permanente a Antonio Martini
✠ Enrico Trevisi
Cattedrale di San Giusto, 22 febbraio 2025
Cari fratelli e sorelle, amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre
È una grazia sapere che siamo pensati da Dio per un progetto, pe runa missione di salvezza. È quanto abbiamo sentito nella prima lettura (cfr Ger 1,4-9). Il Signore dice a Geremia:
«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni».
È una grazia riconoscere che siamo indegni, inetti, inadatti, impuri. Geremia vorrebbe tirarsi indietro perché giovane: noi possiamo avanzare ben altre ragioni, ancor più pregnanti, e facciamo bene a ricordarle ogni giorno per non diventare ministri prepotenti e saccenti, che non riconoscono il primato di Dio e strumentalizzano i suoi doni.
È una grazia riconoscere che ci è dato qualcosa che rimane di Dio: “io metto le mie parole sulla tua bocca”. Rimangono le parole del Signore e guai se le pieghiamo a qualche nostra rigidità e a qualche nostro uso. È una missione che ci deve vedere tremanti, nell’atteggiamento continuo di chi sa che i doni di Dio vanno custoditi e trafficati, ma che ogni lode e gloria va a Lui.
Talvolta i discepoli diventano come una siepe, una barriera, un muro che allontana le persone: capita quando i bambini vengono mandati via da Gesù, o quando il cieco grida e lo fanno tacere. Gesù invece è venuto per i piccoli, per i poveri, per chi sembrerebbe impreparato e dunque una scocciatura.
La Chiesa invece esiste per testimoniare il Vangelo, con le parole e con la vita concreta. Mi ha sempre stupito come Gesù si è fatto accessibile a tutti: e proprio questo ha reso possibile l’incontro e l’annuncio con tante persone. Hanno tutte prontamente capito? Certamente no. Ma anche gli apostoli hanno tradito e rinnegato, anche i discepoli di Emmaus sono stati lenti e duri di cuore…
È una grazia continuare a credere nelle possibilità di Dio, che sa toccare il cuore delle persone anche quando noi siamo pieni di perplessità e pregiudizi.
Il Vangelo che abbiamo ascoltato (Mt 20,25-28) ci parla di potere e di dominio ma poi ci fa guardare a Gesù che si è fatto servo. Appena prima c’è l’episodio della madre dei figli di Zebedeo che con i suoi figli si prostra davanti a Gesù (che bella scena di devozione religiosa) ma poi chiede qualcosa… chiede i posti privilegiati per i suoi figli, chiede il potere. E poi segue lo sdegno degli altri apostoli.
Il Vangelo ci ripropone la regola generale, che tutti e anche Antonio, siamo chiamati a fissare continuamente: guardare a Gesù “che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” o come traduce l’interconfessionale “come riscatto per la liberazione degli uomini”.
Servire e dare la vita sull’esempio di Gesù: a questo si dispone il diacono. La richiesta è per tutti, ma i diaconi con il sacramento dell’ordine esprimono questa identità profonda che è una grazia da accogliere, una dimensione della vita nuova del credente che ci deve caratterizzare tutti. Servire e dare la vita come Gesù.
Qui mi limito a qualche tratto di come Gesù è servo… ma tutto il Vangelo va riletto e rimeditato continuamente:
- il servizio di Gesù (e dunque il nostro) ha tanti volti, tante sfaccettature: la parola, l’ascolto, il perdono, la benedizione, l’accoglienza e lo stare con le persone, soprattutto con i poveri, gli ammalati e i peccatori;
- il servizio è sovrabbondante, costante: non si può mettere fuori il cartello “fuori servizio”, oppure gli orari di servizio. Gesù si sottrae al servizio solo per andare a pregare… e quando sia attarda con gli amici, come in casa a Betania, anche lì svolge il servizio della Parola;
- il servizio è lo stile che porta a cambiare i programmi, a fermarsi in base alle richieste, a lasciarsi stravolgere la giornata in un’obbedienza a chi è nella fame e sete (spirituale e materiale);
- il servizio non lo si può rigidamente programmare: occorre amare con generosità e senza misura. Uno può anche non ritenersi adatto a certi compiti… ma talvolta se Dio, la Chiesa, il povero ti interpellano non puoi tirarti indietro e autoassolverti;
- il servizio è un cammino che porta fino al dono della vita. Non ci si può fermare prima e fare calcoli meschini.
È impegnativo. Sì, certamente. E per questo chiediamo la Grazia di Dio e contempliamo Gesù, Colui che “non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita”.